L’Europa e l’anacronistico ma florido mercato nero dell’avorio

Fotografie di Francesco Martinelli
Oggi l’UE è il maggior esportatore di avorio legale al mondo, ma a causa di un sistema di controllo inefficace gran parte di questo avorio deriva dal bracconaggio e dal commercio illegale. Una nuova proposta di legge potrebbe cambiare le cose.

5 minuti | 27 Agosto 2021

«La perdita di biodiversità procede in tutto il mondo a una velocità incredibile. Per invertire questa tendenza globale dobbiamo impegnarci anche a casa nostra. L’Unione europea manderà il chiaro segnale che l’avorio non è una merce e che dobbiamo bandirne il traffico». Con queste parole Frans Timmermans, vicepresidente per il Green Deal europeo, a inizio anno annunciò l’intenzione dell’Unione di sviluppare nuove misure per bandire il commercio di avorio.

La proposta, tuttora in fase di bozza, prevede di sospendere tutte le importazioni e le esportazioni di avorio sia grezzo che lavorato e di ridurne drasticamente il commercio interno dell’Unione. L’avorio che potrà ancora essere commercializzato sarà esclusivamente quello più antico, precedente al 1947, o derivante da strumenti musicali ma sempre a fronte di una nuova certificazione specifica.

Una normativa così restrittiva avrebbe forti conseguenze a livello globale, poiché oggi l’Unione europea è il maggior esportatore di avorio legale, e non solo, al mondo. Inoltre, il mercato interno europeo dell’avorio è libero e poco regolamentato, terreno fertile per il contrabbando, tutt’altro che raro e che spesso avviene anche nei canali più controllati.

Dettaglio di elefanti intagliati nell’avorio. Oggi la ricommercializzazione di manufatti in avorio è possibile se questi risalgono a prima del 1975, epoca in cui gli elefanti sono stati iscritti al CITES. Sant’Angelo in Vado (PU), agosto 2021.

Il mercato nero dell’avorio

Da un rapporto di AVAAZ, un’organizzazione no-profit con sede negli Stati Uniti, stilato in collaborazione con l’Università di Oxford, risulta che tre quarti dell’avorio venduto nell’Unione europea deriva da bracconaggio o da commercio illegale. Come denunciato nel documento, il sistema di controllo europeo è inefficace, dotato di regole poco chiare e sanzioni disomogenee tra i paesi membri. E dunque, non riesce a contrastare quello che è a tutti gli effetti uno dei traffici illegali più redditizi del Pianeta.

La nuova normativa punta a rafforzare questo sistema, istituendo controlli e certificazioni specifiche e riducendo il volume di avorio commerciabile. Sebbene non si tratti di un bando completo, secondo Eleonora Panella, responsabile delle campagne europee dell’International Fund for Animal Welfare, la proposta europea può essere una soluzione efficace per ridurre il contrabbando sul territorio europeo. «Il passaggio fondamentale sarà la ricezione della normativa da parte dei paesi europei. Molte restrizioni, infatti, sono solo le linee guida che gli stati dovranno applicare singolarmente» sostiene Panella. La speranza è che vengano accolte uniformemente per non creare delle disuguaglianze all’interno dell’Unione. Solo allora si potranno vedere i benefici nel contrasto al traffico dell’avorio e nella tutela degli elefanti.

Ma quella europea non è l’unica iniziativa volta a ridurre il traffico d’avorio. Diversi paesi africani, come il Kenya e la Repubblica del Congo, combattono i trafficanti e bracconieri schierando i militari a difesa delle riserve naturali. La Cina, invece, uno tra i maggiori acquirenti per volume del mercato nero dell’avorio, ha istituito nel 2016 un bando quasi totale del suo commercio, causando tuttavia lo spostamento del traffico illegale lungo le coste del Vietnam.

Nonostante i numerosi tentativi, sia internazionali che di singole nazioni, di ridurlo e ostacolarlo, il traffico illegale d’avorio è ancora ricco ed estremamente diffuso. Caccia e bracconaggio ogni anno portano all’uccisione di decine di migliaia di elefanti – oltre 20 mila nella sola Africa secondo una stima della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) del 2014 – rendendolo uno dei mammiferi più cacciati al mondo illegalmente. Proprio a causa del bracconaggio, lo stato di conservazione degli elefanti continua a peggiorare e, ad oggi, entrambe le specie di elefanti africani sono considerate in pericolo di estinzione. La situazione non accenna a migliorare, nonostante le molte iniziative di tutela e protezione, come quelle del progetto MIKE (Monitoring the Illegal Killing of Elephants). Secondo un comunicato di WWF-Belgio, infatti, senza una drastica inversione di rotta l’elefante africano potrebbe estinguersi entro i prossimi 20 anni.

Manufatti di avorio, ricavati da zanne di elefante africano. Sono custoditi in una casa di privati, eredi del prete missionario al quale vennero regalati, negli anni ‘70, nell’allora Repubblica del Congo. Sant’Angelo in Vado (PU), agosto 2021.

Ma dietro la caccia all’avorio non si nasconde solo lo sterminio e la possibile estinzione degli elefanti. L’avorio è la moneta che alimenta il traffico di armi, droga e persone in tutta l’Africa sub-sahariana e lascia dietro di sé una lunga scia di sangue, non solo animale. Numerosi rapporti di organizzazioni internazionali, come Traffic ed Earth League International (ELI), mostrano che molte milizie paramilitari africane, come i Seleka nella Repubblica Centro Africana e i Janjaweed in Sudan, traggono dall’avorio gran parte dei loro fondi. Andrea Crosta, fondatore e direttore esecutivo di ELI, ospite di Eliante in un webinar sul traffico dell’avorio, ha evidenziato i forti collegamenti tra milizie, trafficanti e bracconieri. «Il traffico d’avorio costituisce una delle maggiori fonti di profitto per le organizzazioni terroristiche africane. All’organizzazione somala di Al-Shabab, per esempio, garantisce un giro d’affari che può raggiungere i 600 mila euro al mese e finanzia gran parte delle loro attività».

La scelta di limitare fortemente il commercio di avorio sarà, quindi, un passaggio fondamentale che tutti gli stati dell’Unione europea dovranno compiere insieme, non solo per tutelare la biodiversità e gli elefanti, ma anche per contribuire a contrastare le milizie terroristiche.

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  • Francesco Martinelli

    Francesco Martinelli è un naturalista e giornalista scientifico. Si occupa di natura e conservazione, con particolare attenzione per la sostenibilità ambientale e culturale dell’entroterra italiano.
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  • Giorgio Bertani

    Giorgio Bertani è un fisico e studente del Master in Comunicazione della Scienza presso la SISSA di Trieste. Impegnato da anni nell’attivismo ambientale, è responsabile del Gruppo locale di Monza Brianza della LIPU.

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