Il vino, la musica e il coronavirus

Dopo più di un anno di chiusure nelle nostre case, nei nostri smartphone, in noi stessi, il desiderio di un’evasione. E di tornare a quello che ci salva: l’arte, lo sport, gli altri. Una nuova puntata di ACACIE, la rubrica di Maurizio Carucci.

6 minuti | 28 Maggio 2021

Mi domando come farebbero gli esseri umani a sopportare loro stessi senza avere una qualche via d’uscita, anche temporanea, anche solo immaginaria.
Siamo tutti convinti che la vita sia un’impresa giusto?
Districarsi nella vita è un’impresa.

Forse in realtà lo è solo per me, che in fondo sono sempre un po’ “malato”, penso.

Ho passato mesi e mesi isolato nella mia cascina.
Mesi e mesi passati con la Marti, gli alberi, la pioggia, la neve, gli animali selvatici, gli asini, i cavalli, i cani e i gatti che vivono con noi.

E basta.

Nessun contatto con la gente della città, nessun contatto con la città.
Abitando in un luogo del mondo così appartato, per mesi, non ho avuto nessun tipo di contatto con altri esseri umani.

Sveglia alle sette, colazione, lavoro nei campi, pranzo, lavoro nei campi, cena, film, letto.
Sveglia alle sette, colazione, lavoro nei campi, pranzo, lavoro nei campi, cena, film, letto.
Sveglia alle sette, colazione, lavoro nei campi, pranzo, lavoro nei campi, cena, film, letto.
Via così per centinaia di giorni, per mesi, per più di un anno.

Una sorta di percorso obbligato.
Un rituale che sinceramente, sembra essere servito a poco.

Poi arrivavano le cinque del pomeriggio, scende il buio e io ben vestito, con tanto di cappello di lana e mani ghiacciate, mi metto al pianoforte.
Ben vestito perchè spesso non accendo la stufa della sala per non avere due stufe accese, o perchè semplicemente non ne ho voglia.

Io, una lampada morta dal freddo e il mio Pianoforte Tallone un po’ scordato che oltre ad essere un pianoforte acustico è anche un autentico essere protettivo, un dio a cui avvicinarsi con una certa costanza.
Io, i miei casini, il Tallone e la musica.

Mi sono salvato.
Me ne sono accorto solo ora.

Sono stato male durante questa pandemia, sono stato male perché la vita che abbiamo fatto nell’ultimo anno e mezzo è stata terrificante.
In un periodo storico in cui l’intolleranza e la diffidenza sembrano trovare spazio nei ragionamenti e nelle vite delle persone, questo periodo ha acuito questi atteggiamenti, li ha amplificati rendendoci un popolo misero, senza prospettive, chiuso dentro allo smartphone.

Penso che gli esseri umani abbiano bisogno di andare oltre, che sia una religione, una droga, un’arte.
Dobbiamo evadere, altrimenti siamo fritti.

Allora la musica, il teatro, ma anche lo sport per alcuni versi, sono medicamentosi per le persone, oggi più che mai, sono cerotti e carboidrati, carezze e spintoni.

Ecco, questo periodo è stato duro anche perché ci è stata negata la possibilità di fruire di una bella fetta di arte, e anche di sport, a volte con motivazioni per lo meno opinabili che ci hanno costretti a stare lontano dalla nostra salvezza.
Come dire: non puoi salvarti, perché sennò ti puoi ammalare e soprattutto puoi far ammalare gli altri.
Sale da concerto, teatri, musei e cinema chiusi.
Centri commerciali e chiese aperti.
Questa è una presa di posizione bella e buona, penso.

Va bene comprare, produrre, spendere denaro, pregare il dio cristiano anche a costo di ammalarsi e di infettare gli altri.
Frequentare l’arte però non si può, troppo pericoloso.

Castagna anche lei è attratta dal Tallone, e anche dalla stufa quando è accesa.
Quindi, in qualche modo e misura cerca l’arte e il calore.
Esattamente come me.

Suono qualcosa, prediligendo la parte medio bassa della tastiera che suona da dio e Castagna si sdraia al mio fianco, ascolta.
L’arte serve a tutti, pure ai cani, penso.

C’è ancora qualcuno che è convinto che la vita sia formata da compartimenti stagni, impenetrabili, chiusi.

«Come fai a conciliare l’arte con la terra o la musica con il vino?»
«Amo esplorare luoghi senza nome.»
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  • Maurizio Carucci

    Maurizio Carucci è un agricoltore, viaggiatore e cantautore. È il frontman degli Ex-Otago, gruppo musicale indie pop genovese. Dal 2011 lavora al progetto agricolo collettivo Cascina Barbàn, in Val Borbera. Per RADAR racconta la sua ricerca di modi sostenibili di vivere, viaggiare e produrre, con la rubrica Acacie.
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