Il braccio di ferro per il petrolio artico in Nord Europa

Fotografie di Michael Wenger
L’Artico è tra le zone del mondo che si stanno scaldando di più a causa del cambiamento climatico. Ma è anche la sede di grandi giacimenti di combustibili fossili. Tra la Norvegia e l’UE è nata una disputa per l’estrazione del petrolio artico.

5 minuti | 14 Gennaio 2022

I combustibili fossili contribuiscono al cambiamento climatico, e l’Artico è tra le zone del mondo che si stanno scaldando di più. Tuttavia, proprio in queste regioni giacciono ancora grandi giacimenti di petrolio che alcune nazioni artiche vogliono continuare a sfruttare, nonostante i rischi.

Tra queste c’è la Norvegia, la cui prosperità è in gran parte dovuta all’oro nero. Ma ora, nella sua nuova strategia artica, l’Unione europea ha chiarito che farà tutto ciò che è in suo potere per garantire che il petrolio artico rimanga sottoterra. E così un’altra disputa tra le parti pare ormai inevitabile.

La politica contraddittoria della Norvegia

Il nuovo governo norvegese guidato dal primo ministro socialdemocratico Jonas Gahr Støre si è insediato lo scorso novembre. Il governo ha già chiarito la direzione che il paese prenderà nei prossimi anni. Di particolare interesse sono la politica energetica e ambientale. I relativi ministeri vedono a capo i colleghi di partito del primo ministro Støre. Marte Mjøs Persen è ministro dell’energia, mentre Espen Barth Eide è ministro dell’ambiente.

Il governo ha dichiarato che le sue politiche climatiche e ambientali saranno mirate a diventare completamente carbon neutral entro il 2050. E ad essere eque e giuste. Ma, allo stesso tempo, intende mantenere la produzione di petrolio e assicurarsi che l’industria non sparisca.

Il governo ha dichiarato che «preparerà le condizioni ottimali per un alto livello di attività nella piattaforma artica». Ciò significa che l’attuale politica di licenze per l’estrazione di petrolio artico sarà, di fatto, mantenuta. Il precedente governo conservatore lo aveva già fatto e aveva messo all’asta le licenze per la produzione vicino all’arcipelago delle Svalbard. Tuttavia, all’epoca i risultati sperati non si erano concretizzati.

Con la decisione di attenersi ai suoi piani di produzione, la Norvegia si unisce ai paesi che stanno trivellando i territori artici.  La lista include anche Stati Uniti, Canada e Russia.

Situato nella Bahía Intuil si trova uno dei più importanti siti archeologici, il Pedra de Marazzi: è considerato uno dei più antichi insediamenti dell’isola, datato a quasi 9500 anni fa. Qui sono stati ritrovati strumenti di pietra e altre prove della presenza di gruppi di cacciatori di uccelli e guanaco. Terra del Fuoco, Cile, 2021.

Contro l’estrazione del petrolio artico

La Groenlandia, per contro, ha già dichiarato uno stop allo sfruttamento nelle sue acque. Anche Islanda, Svezia e Finlandia non sono contrarie a fermare le estrazioni. Anche Bruxelles ha recentemente sostenuto questi piani. Nella sua strategia per l’Artico recentemente pubblicata, l’Unione Europea ha dichiarato che «tutti i combustibili fossili devono rimanere sotto terra». Sostenendo così, di fatto, lo stop alle attività di estrazione.

Nel corso dell’ultima Assemblea del Circolo Polare Artico il commissario UE per la pesca e gli oceani, Virginijus Sinkevicius, e l’ambasciatore UE per l’Artico, Michael Mann, hanno ribadito la posizione dell’UE.

Sinkevicius ha tuttavia ribadito che questo eliminerebbe un segmento importante dell’economia. Cancellerebbe anche posti di lavoro che ne dipendono – come del resto sta già facendo, per altri settori, l’aumento delle temperature. Sinkevicius ha ammesso che il tutto non sarà “una passeggiata”.

Il commissario UE si è tuttavia detto disposto a collaborare e l’Unione Europea ha ribadito che continuerà a fare pressione per lo stop all’estrazione di petrolio artico.

I fronti della disputa

Le dichiarazioni opposte di Norvegia e Unione Europa sono un altro braccio di ferro in un territorio già soggetto a tensioni per le risorse. Bruxelles e Oslo hanno in corso una disputa sui diritti di pesca nelle Svalbard. Resta anche il nodo delle differenti posizioni riguardo l’importazione di alcuni prodotti artigianali dei popoli artici, tra cui le pelli di foca.

Non è chiaro se e come questo influenzerà anche la domanda ancora in sospeso dell’UE di diventare un osservatore nel Consiglio Artico. In quanto non membro dell’UE, la Norvegia si trova a fronteggiare un blocco di tre stati membri dell’UE (Danimarca, Finlandia, Svezia) e sei stati osservatori (Germania, Francia, Polonia, Italia, Paesi Bassi e Spagna). Può, però, certamente contare sull’appoggio di Stati Uniti, Canada e Russia per quanto riguarda l’estrazione di materie prime.

Perché è proprio con la Russia che il nuovo governo norvegese vuole intensificare la cooperazione bilaterale. Ma se questo influenzerà l’UE, che sta portando avanti la sua politica artica con nuovo slancio, resta ancora da vedere. Quello che è certo è che nell’Artico non sarà solo il clima a scaldarsi.

La piattaforma “Goliath” di ENI Norge si trova a circa 100 chilometri dalla costa settentrionale norvegese. Piattaforme come queste saranno probabilmente un altro pomo della discordia nelle relazioni UE-Norvegia. Foto di Norske olje og gass.

La versione originale di questo articolo è stata pubblicata su PolarJournal, sito di informazione che racconta le zone polari, con notizie di politica, cultura, scienza, turismo, storia.

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  • Michael Wenger

    Michael Wenger è un biologo marino e appassionato di esplorazione delle zone polari; si occupa di diffondere la conoscenza di queste aree con viaggi, conferenze e articoli.

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