Dei 665 eventi complessivi, 554 sono conseguenza di anomalie termiche mentre 44 sono stati causati da tempeste. In 55 casi sono stati individuati patogeni (batteri e funghi principalmente). 212 eventi sono stati classificati come estremi, avendo colpito dal 75 al 100% degli individui della specie target. Sono dati che derivano da vari fenomeni concomitanti ma a comprendere tutto c’è quello che ormai è conosciuto come cambiamento climatico. Ci sono poi gli eventi locali che danno conto di una impressionante accelerazione dei fenomeni e della loro persistenza per periodi sempre più lunghi e a profondità sempre maggiori. Ci sono infine i dati di recupero delle popolazioni colpite che impressionano per la loro assenza o per la agghiacciante lentezza con cui si intravedono segnali di ripresa.
Ho sempre guardato a questi fenomeni con un approccio conoscitivo, descrittivo, ma riassumendoli ora, grazie al lavoro di quei ricercatori, non posso non rendermi conto che questo lasso di tempo, tra il 1979 e oggi, coincide con la parte della mia vita nella quale ho imparato ad andare sott’acqua, l’ho fatto diventare una professione ed è infine divenuto la mia fondamentale ragione di lavoro e di vita. Questi fenomeni, questa accelerazione, le perdite e i cambiamenti che hanno causato li ho vissuti sulla mia pelle (meglio, sulla mia muta), li ho visti con i miei occhi, li ho documentati con le mie fotografie, ho cercato di raccontarli con i miei libri. Come non ricordare lo sgomento di quando sembrava che l’alga assassina (Caulerpa taxifolia) fosse destinata ad annichilire i fondali con un uniforme e alieno manto verde? Così l’avevo conosciuta a coprire ogni cosa a Porto Maurizio in Liguria, per ritrovarmela poi in Sardegna.
Come non ricordare nello stesso anno quel tuffo sul relitto del KT12 al largo di Orosei? Non riuscivo a capire cosa ci fosse di diverso da ciò che conoscevo come le mie tasche finché, arrivato sul fondo a 34 metri, misi a fuoco l’intrico delle fronde e degli stoloni di Caulerpa cylindracea che avevano trasformato in un’immobile e aliena distesa verde il detrito mobile che circonda le lamiere. Se nel tempo Caulerpa taxifolia ha perso la sua fama di alga assassina, è C. cylindracea oggi a trasformare tutti gli ambient: ubiquitaria, inesorabile e inarrestabile.




Accelerazione, scrivevo. Anche l’arrivo di specie aliene è cresciuto nel tempo e, in meno di vent’anni, centinaia di specie si sono acclimatate nel Mediterraneo. Ero a Lampedusa nell’aprile del 2002, appena rientrato da un’immersione, quando un bagnante mi segnalò una presenza strana: un animale molliccio e bitorzoluto. Pensai “sarà una delle solite Bursatella”. Però non si sa mai, meglio controllare: mi tuffai di nuovo dalla spiaggia della Guitgia. Era sì una lepre di mare, ma mai vista prima e sicuramente estranea alla fauna mediterranea. Era la prima segnalazione di Aplysia dactylomela, un mollusco atlantico inconfondibile, con il corpo chiaro ricoperto da anelli scuri. In soli 17 anni quel mollusco dai movimenti lenti ha conquistato ogni angolo del Mediterraneo a oriente, a sud, a nord e fino al mare di Alborán dal quale era arrivato attraverso lo Stretto di Gibilterra.
Potrei continuare, perché gli incontri sono stati tanti, ma c’è una storia che forse le riassume tutte. Nel 1997 pubblicai uno dei miei primi libri, Guida alle Immersioni in Sardegna. Il primo capitolo descriveva un sito molto particolare, la Città delle Nacchere a Golfo Aranci. In pochi metri d’acqua centinaia di grandi nacchere stavano erette sul fondo coperto da alghe verdi: ognuna di loro aveva un suo piccolo ecosistema di organismi molto disparati che sfruttavano sia la posizione sopraelevata, sia la corrente causata dalla continua attività di filtraggio del bivalve. Oggi non potrei più iniziare un libro descrivendo quel sito perché non esiste più. In appena un lustro tutte le città delle nacchere sparse nel Mediterraneo sono scomparse perché dal 2016 una micidiale pandemia causata da vari tipi di patogeni (scatenati dall’aumento della temperatura) le ha sterminate quasi tutte. Non si sa se le rarissime sacche di resistenza consentiranno la ripresa della specie, ma sono poche le speranze che ciò accada.