I tanti volti italiani dell’attivismo contro i PFAS

Nel corso degli anni, in Italia è cresciuto un articolato movimento di attivismo contro la contaminazione da PFAS. Un insieme di gruppi e associazioni che hanno ottenuto risultati concreti e oggi cercano una coesione.

15 minuti | 28 Novembre 2024

I PFAS, “inquinanti eterni” per la loro persistenza ambientale, rappresentano una crisi ambientale globale con significativi risvolti sanitari. La loro storia si sta scrivendo in tempo reale ed è, a oggi, un mosaico incompleto. Mancano legislazioni, coordinamento, consapevolezza degli effetti a lungo termine sulla salute, sulla reale estensione della contaminazione e sulle possibili soluzioni per bonificare territori profondamente compromessi.

Questa incertezza, unita alla lentezza delle istituzioni, ha reso indispensabile il ruolo degli attivisti. In Italia, i comitati locali hanno trasformato l’iniziale stupore e la preoccupazione in azioni concrete di denuncia, sensibilizzazione e pressione politica. A livello globale tali movimenti hanno contribuito a rendere pubblico il problema, mappare l’inquinamento, fare pressione sulle industrie e ottenere le prime regolamentazioni significative. L’impegno collettivo diffuso sta portando la lotta contro i PFAS al centro dell’attenzione globale, facendone una questione di rilievo etico, sanitario, ambientale e sociale.

È bene chiarire subito che, allo stato attuale delle cose, non si ha ancora il quadro completo di quale sia l’effettiva contaminazione ambientale da PFAS in Italia. In qualsiasi regione o provincia autonoma del Paese, le analisi delle agenzie ambientali hanno certificato la presenza di queste sostanze nell’ambiente. È in quattro luoghi, però, che sono stati identificati casi significativi di contaminazione da PFAS, ciascuno legato a contesti industriali e territoriali specifici; e molto diversi tra loro. I fronti aperti, per il momento, riguardano aree di Veneto, Piemonte, Toscana e Lombardia.

 

PFAS in Veneto, un attivismo d’avanguardia

Gli eventi occorsi in Veneto sono emblematici, e l’azione dei movimenti di attivismo è stata quasi pionieristica, se si tiene in considerazione l’eccezionalità della situazione. Nel paese di Trissino, in provincia di Vicenza, le attività pluridecennali dello stabilimento chimico “ex Miteni”, specializzato nella produzione di PFAS, hanno dato origine a uno dei più gravi casi di contaminazione ambientale a livello mondiale, una vicenda complessa e ancora in evoluzione, approfondita da RADAR Magazine.

Dopo l’emergere di prove inconfutabili, le indagini vere e proprie sono cominciate nel 2013 e hanno rivelato una delle situazioni più gravi mai documentate: l’inquinamento da PFAS in Veneto coinvolge circa 350.000 persone. L’ultima proprietà dell’azienda ha dichiarato bancarotta nel 2018. Oggi le vicende sono oggetto di processi giudiziari e di monitoraggi continui per valutarne le conseguenze e le possibili soluzioni.

LEGGI ANCHE: A Vicenza, gli abitanti cercano soluzioni all’inquinamento da PFAS

L’attivismo, in Veneto, ha ottenuto risultati concreti nella lotta contro i PFAS, come l’installazione di filtri per le acque e la pianificazione di nuovi acquedotti. Attraverso azioni legali, marce simboliche e costante pressione sulle istituzioni, la popolazione ha spinto per l’avvio di processi contro la ex Miteni di Trissino, responsabile della contaminazione. Queste iniziative hanno mantenuto alta l’attenzione sul problema, contribuendo a interventi tangibili per la tutela ambientale e della salute pubblica​.

Sul territorio, sono molte le realtà che hanno contribuito a svolgere azioni spesso ad alto impatto, come nel caso delle attività di informazione pubblica fino a campagne di monitoraggio sulla popolazione locale. Donata Albiero, ex dirigente scolastica, e suo marito, Giovanni Fazio, medico dell’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE, hanno fondato l’associazione CILLSA, Cittadini per la Legalità, il Lavoro, la salute e l’Ambiente.

L’associazione, insieme anche ad altre realtà dell’attivismo locale, si impegna in una serie di incontri nelle scuole per diffondere sempre più consapevolezza sul disastro. ISDE Vicenza ha organizzato uno studio sulla salute riproduttiva maschile che ha coinvolto 1052 maschi maggiorenni nati e/o residenti nelle zone più contaminate da PFAS. È soltanto l’ultima di una serie di iniziative e studi sulla salute pubblica condotti nel corso degli anni.

Giovanni Fazio ISDE

Giovanni Fazio, medico, membro di ISDE. Arzignano (Vicenza), 11 settembre 2024. Foto di Alessandro Mazza.

Donata Albiero

Donata Albiero, fondatrice dell’associazione CILLSA. Arzignano (Vicenza), 11 settembre 2024. Foto di Alessandro Mazza.

«Quando scoprii di avere PFAS nel sangue ero indignata», racconta Donata Albiero, «ho subito pensato che ero una delle pochissime persone della zona a sapere di essere contaminata. Lo stesso non si poteva dire dei miei concittadini. Bevevano la stessa acqua; dovevo informarli. È stato allora che è iniziata la nostra battaglia». Giovanni Fazio ricorda che «era il 2013 quando Vincenzo Cordiano, a sua volta medico parte di ISDE, aveva compreso la portata di quello che stava accadendo. Da subito lo aiutai, ma all’inizio facevamo molta fatica a coinvolgere sia i colleghi e le colleghe, che la popolazione. Nel corso degli anni si è assistito a una crescita significativa dell’interesse, accompagnata da manifestazioni sempre più partecipate». 

 

L’attivismo si diffonde: PFAS.land e Mamme No PFAS 

In Veneto, l’esistenza di PFAS.land, una piattaforma dedicata all’approfondimento e alla sensibilizzazione sul problema dell’inquinamento da PFAS, è stata fondamentale. La piattaforma raccoglie documenti, notizie e analisi riguardanti l’inquinamento ambientale e le sue implicazioni sanitarie, con l’obiettivo di fornire informazioni chiare e verificabili per i cittadini e di promuovere una cittadinanza attiva. Tra le sue risorse principali, include una mappa GIS interattiva che visualizza la distribuzione delle contaminazioni da PFAS nel territorio, rendendo accessibili dati ambientali complessi a un pubblico più ampio. Si tratta della prima mappa in assoluto con un profondo livello di dettaglio. PFAS.land è la raccolta, organizzata, di tutta la memoria storica degli eventi.

Giovanna Dal Lago Mamme No PFAS

Giovanna Dal Lago, una mamma no PFAS con la t-shirt che indica la concentrazione di Pfoa nel sangue della figlia: 328 ng/ml. Lonigo (Vicenza), 11 settembre 2024. Foto di Alessandro Mazza.

Le Mamme No PFAS, nate in Veneto nel 2017, sono un movimento formato spontaneamente in seguito alla scoperta dell’inquinamento da PFAS. Hanno iniziato la loro attività con manifestazioni pubbliche, raccolte firme e iniziative di sensibilizzazione per difendere il diritto alla salute e all’acqua pulita, coinvolgendo progressivamente un numero sempre maggiore di cittadini.

Tra le loro azioni principali vi sono sit-in davanti a istituzioni locali e campagne di pressione per accelerare la bonifica delle aree colpite e il perseguimento dei responsabili legali e industriali del disastro. Le Mamme No PFAS sono diventate un simbolo della lotta contro l’inquinamento da PFAS, e il loro impegno è stato determinante nel mantenere alta l’attenzione pubblica e politica sul tema.

Nel corso di più di un decennio, i movimenti ambientalisti veneti si sono organizzati e hanno condotto le proprie azioni in maniera sempre più coordinata ed efficace. La fabbrica ha chiuso ma la bonifica sembra ancora oggi un miraggio. Le realtà dell’attivismo, nel caso del Veneto, lottano contro uno stabilimento, quello ex Miteni, che appariva già compromesso e destinato alla chiusura. Totalmente opposto è lo “stato di salute” dell’impianto al centro dell’interesse degli attivisti piemontesi.

attivismo pfas

Cartelli per le manifestazioni al Laboratorio Sociale di Alessandria, dove si riunisce il Comitato STOP Solvay. Alessandria, 14 dicembre 2022. Foto di Elisabetta Zavoli.

Le mani sulla città. L’inquinamento da PFAS ad Alessandria

In Piemonte, ad Alessandria, il polo chimico della Syensqo – si pronuncia “Science Co.” ed è l’azienda spin-off della Solvay Specialty Polymers, costituita a dicembre 2023 – è al centro di indagini riguardanti la dispersione di PFAS nell’ambiente, nell’aria e nelle acque sotterranee e superficiali. Le problematiche legate alla contaminazione ambientale e sanitaria risalgono ai primi anni 2000, quando iniziarono le indagini giudiziarie che misero in luce la presenza di diversi composti tossici nelle falde acquifere.

Il quadro, in questo caso, è molto complesso perché oltre ai PFAS sono state rilasciate molte altre sostanze, risultato di vecchie produzioni. Nonostante le azioni per mitigare l’inquinamento, emergono ancora lacune nei controlli e nell’efficacia delle misure adottate. RADAR Magazine ha dedicato uno speciale in tre parti per analizzare le vicende di questo caso, esplorando le implicazioni ambientali, sociali e istituzionali.

stop solvay attivismo

Il Comitato STOP Solvay si riunisce al Laboratorio Sociale di Alessandria. Alessandria, 14 dicembre 2022. Foto di Elisabetta Zavoli.

Sul territorio alessandrino agiscono il Comitato STOP Solvay e una realtà come Ánemos, che evidenziano la carenza di monitoraggi e di interventi per affrontare l’emergenza ambientale e sanitaria. «L’obiettivo principale di una lotta che travalichi l’ambito locale e che diventi nazionale, dovrebbe essere una legge per il bando e regolamentazione dei PFAS in Italia», sottolinea Viola Cereda, attivista del Comitato STOP Solvay, «l’interesse è crescente e ormai riguarda altre aree del Piemonte, come la Val di Susa, dove alcune analisi hanno evidenziato la presenza di PFAS».

La situazione, ad Alessandria, evolve rapidamente e si scontra con la ricorrente carenza di informazioni. «Emergono nuove prove dell’inquinamento, anche laddove non si era mai riscontrato prima, a una certa distanza da Alessandria. Il nostro obiettivo è tutelare la salute pubblica e l’ambiente, e lo facciamo collaborando con le altre realtà del territorio», ha spiegato Mirella Benazzo di Ánemos.

Leggi tutte le inchieste di RADAR sui PFAS

Viola Ceredda stop solvay

Viola Cereda è un’attivista ambientale che ha co-fondato l’organizzazione Stop Solvay. Alessandria, Italia, 21 gennaio 2023. Foto di Elisabetta Zavoli.

Mirella Benazzo attivismo

Mirella Benazzo e sua madre Annamaria. Benazzo è la fondatrice di Ánemos, un gruppo che ha lo stesso nome del suo gatto nero. Alessandria, Italia, 21 gennaio 2023. Foto di Elisabetta Zavoli.

Laddove grandi aziende chimiche come Solvay hanno avuto un ruolo chiave nello sviluppo economico della regione, è comune che il dibattito pubblico sull’impatto ambientale sia molto complesso. Tuttavia, in Piemonte il fronte di chi si impegna contro la contaminazione da PFAS ha raggiunto ormai una sua maturità. Lo stesso non si può ancora dire delle aree in cui la scoperta dell’inquinamento è recentissima.

 

I fronti nascenti. PFAS in Toscana e in Lombardia

In Toscana, gli studi hanno rilevato tracce significative di PFAS nei fiumi vicini a distretti industriali come quello conciario di Santa Croce sull’Arno e quello cartario di Lucca. Sebbene la situazione sia nota, ci si trova ancora nella fase iniziale di analisi e interventi. In Lombardia, alcune aree, mostrano contaminazioni associate a impianti industriali, con valori rilevati nelle acque che hanno acceso l’attenzione su possibili rischi per le comunità locali​.

«L’interesse verso i PFAS in Toscana è molto recente, ma le associazioni che se ne stanno occupando sono circa 70 e sono realtà strutturate, che già in passato si erano occupate di acqua», racconta Luca Scarselli, avvocato che segue e partecipa alle attività che avvengono in Toscana, come, per esempio, quelle dell’Assemblea Permanente No KEU, realtà oggi impegnata anche in campagne d’informazione sui PFAS.

fiume bormida

Il fiume Bormida a Spinetta Marengo. Alessandria, Italia, 13 dicembre 2022. Foto di Elisabetta Zavoli.

In ognuna delle quattro regioni, gli “attivismi” contro i PFAS in Italia presentano notevoli differenze dovute alle peculiarità storiche e geografiche di ogni luogo. La varietà dei movimenti di protesta e l’efficacia delle loro azioni rispecchiano le diverse tempistiche, il grado di coinvolgimento delle comunità e la natura dei danni ambientali. Il problema, quello dei PFAS, è condiviso; ma le istanze andrebbero portate avanti in maniera unitaria e compatta a livello quanto meno nazionale. È per questo motivo che sono in corso alcune iniziative per far sì che movimenti confinati in contesti locali possano, insieme, generare un fronte coeso, con l’obiettivo di bandire i PFAS per sempre. 

 

Affinità, divergenze e un tentativo di coordinamento nazionale

Mentre gli eventi si susseguono, Greenpeace Italia sta lavorando per cercare di coordinare e unificare le numerose sigle, associazioni, collettivi e realtà che si stanno occupando di PFAS in Italia. L’organizzazione è impegnata per definire a livello operativo la Rete Zero PFAS, ciò che è stato definito “un collettore di istanze che vengono principalmente dal basso”.

«Le persone che sono attive su questo tema indipendentemente dalla regione geografica del territorio hanno capito che da questa storia se ne esce solo andando all’origine del problema, cioè facendo in modo che queste sostanze non vengano utilizzate e prodotte mai più», ha illustrato Giuseppe Ungherese, membro di Greenpeace che sta seguendo da vicino tutte le vicende legate all’uso e dispersione dei PFAS in Italia, «le differenze territoriali, però, sono enormi. Pensiamo solo alle sigle sindacali. La CIGL in Veneto è da sempre nostra alleata, mentre in Piemonte resta silente. Eppure è lo stesso sindacato».

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I resti dello stabilimento Miteni, circondati dagli alberi. Trissino (Vicenza), 11 settembre 2024. Foto di Alessandro Mazza.

In alcune zone, la forte presenza di sindacati e lavoratori dell’industria chimica ha creato tensioni tra chi difende i posti di lavoro e chi denuncia i rischi ambientali. Certi attivisti privilegiano un approccio scientifico e collaborativo con le istituzioni, mentre altri adottano toni più conflittuali. Tuttavia, nonostante le divergenze di origine e le specificità dei territori coinvolti, la lotta contro i PFAS in Italia sta mostrando una crescente capacità di convergenza. I movimenti locali, le associazioni nazionali e le realtà internazionali si stanno gradualmente unendo per raggiungere un obiettivo comune, mostrando che una mobilitazione collettiva può davvero fare la differenza. 

I luoghi che oggi conosciamo essere contaminati da PFAS, potrebbero non essere gli unici. Di fronte a questi scenari, il ruolo attivo della cittadinanza continuerà a essere cruciale, confermando che la mobilitazione è già oggi una delle armi più potenti contro l’inquinamento da PFAS e le sue conseguenze. Più di una volta, piccoli gruppi di persone, determinate e organizzate, sono riusciti a ottenere risultati straordinari, come la chiusura di stabilimenti industriali responsabili di gravi disastri ambientali. L’impegno collettivo e la pressione pubblica possono portare a cambiamenti concreti, anche contro forze all’apparenza insormontabili.

solvay spinetta marengo

L’impianto Syensqo (Solvay) brilla nella notte, circondato dalle case di Spinetta Marengo. Alessandria, Italia, 18 gennaio 2023. Foto di Elisabetta Zavoli.

Questo articolo fa parte dell’inchiesta "Food, Water, and PFAS: Investigating Grassroot Solutions to Chemical Pollution", sostenuta da Journalismfund Europe e condotta da RADAR Magazine, Ekonews (Repubblica Ceca) e Vers Beton (Paesi Bassi).

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