Una casa nel marmo per il tritone apuano

Una cava di marmo inattiva è diventata inaspettatamente l’habitat ideale per un piccolo anfibio endemico: il tritone apuano. Ma la ripresa delle attività ha rischiato di far sparire questo neonato ecosistema.

8 minuti | 9 Giugno 2023

Cava Valsora, sulle Alpi Apuane, è conosciuta soprattutto come il luogo da cui si estrae un pregiato marmo bianco utilizzato fin dal tempo dei Romani per realizzare sculture e opere d’arte. Negli ultimi dieci anni, però, è diventata anche l’habitat di una piccola specie animale.

Durante un periodo di inattività durato circa vent’anni, tra gli anni ’90 e il 2010, in una porzione di cava si era formato un vero e proprio lago. Un evento significativo, perché sulle Alpi Apuane è molto difficile trovare zone umide in altitudine. Per via delle pendenze accentuate dei rilievi e del carsismo diffuso, infatti, è difficile che in questa zona l’acqua ristagni per periodi sufficientemente lunghi da creare specchi d’acqua. Ma grazie all’inattività della cava, l’invaso di Valsora è diventato la casa di una consistente popolazione di tritone alpestre apuano (Ichthyosaura alpestris ssp. apuana). 

 

IL TRITONE APUANO E IL SUO RAPPORTO CON LE ATTIVITÀ UMANE

Il tritone apuano è un piccolo anfibio endemico italiano con areale appenninico, che appartiene alla famiglia delle salamandre.  Normalmente il tritone vive in piccoli bacini con acque ferme, che spesso sono di origine antropica, come gli abbeveratoi per il bestiame e le pozze per l’irrigazione delle colture. È più raro trovarlo in habitat strettamente naturali. Oggi la specie, soprattutto in Toscana, è minacciata dall’abbandono della pastorizia che provoca la scomparsa dei siti riproduttivi, dall’introduzione – volontaria o accidentale – di pesci e da alterazioni antropiche in generale.

Anche per queste ragioni, un sito come quello di Cava Valsora è importante per la conservazione della specie. Nel laghetto artificiale di Cava Valsora, infatti, questa specie ha trovato le condizioni dove poter vivere e riprodursi, e oggi conta oltre un centinaio di esemplari. Ma il processo per mantenere la pace di questo ambiente negli ultimi anni è stato travagliato.

Attorno al 2012, la cava venne riattivata. Ignara della presenza di vita in questo specchio d’acqua, la ditta concessionaria che operava nella cava iniziò a riversare terre e detriti nel lago dal piazzale sovrastante. Nel corso di un solo anno, l’attività mineraria rischiava già di far scomparire il lago e tutto l’ecosistema che nel frattempo si era instaurato.

 Veduta di Cava Valsora nel bacino marmifero di Massa (MS), sulle Alpi Apuane, nell’agosto 2021. In alto a destra è visibile l’ingresso della galleria dove si estrae marmo (oggi unica modalità estrattiva permessa per legge in per questo sito); al centro in basso la gola nella quale è situato l’invaso dove vive la popolazione di tritone alpestre apuano. Fotografia di Giovanni Fatighenti.

cava valsora

La nuova passerella, realizzata dai concessionari, per condurre i visitatori dal piazzale all’invaso dove vive la popolazione di tritone alpestre apuano. Cava Valsora, agosto 2021. Fotografia di Giovanni Fatighenti.

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LA COLONIA DI CAVA VALSORA IN SALVO

In quel periodo io ero uno studente di Scienze Forestali. Avevo fatto alcune ricerche sul sito di Cava Valsora per curiosità, visto che il sito era visibile dalla strada, e rilevato la presenza del tritone apuano nel laghetto. Dopo aver visto che la cava aveva ripreso le attività e che l’invaso si sarebbe interrato, decisi di contattare il Parco delle Alpi Apuane e altri enti. Dai successivi controlli del Parco e di ARPAT, emersero una serie di irregolarità che portarono alla sospensione dell’attività e a una sanzione a carico della ditta concessionaria del sito estrattivo. L’impresa venne obbligata a rimuovere subito il ravaneto che stava inesorabilmente interrando il laghetto, mettendo in salvo la colonia, e a rendere poi accessibile il sito al pubblico.

Questa vicenda avveniva in un momento di grande dibattito, in cui in Toscana era in fase di approvazione il P.I.T. (Piano di Indirizzo Territoriale) con valenza di Piano Paesaggistico, che vedeva contrapposte le ragioni di tutela delle Alpi Apuane da parte della società civile agli interessi economici degli industriali del marmo. Nelle cronache locali, il piccolo tritone apuano acquisì la valenza di animale carismatico, diventando un simbolo della salvaguardia della biodiversità apuana minacciata dall’attività estrattiva.

Dopo molte richieste della ditta concessionaria, tuttavia, nel 2021 l’estrazione è ripresa, ma con delle limitazioni imposte dal Parco per la necessità di salvaguardare il laghetto. Le attività minerarie infatti dovranno svolgersi esclusivamente in galleria e a una distanza considerata sicura per la conservazione dell’ecosistema che ruota intorno al laghetto, che dovrà essere costantemente monitorato.

cava valsora

Veduta dall’alto dell’invaso di Cava Valsora nell’agosto 2021. Nell’acqua, il fotografo subacqueo Francesco Visintin si immerge per immortalare il tritone apuano. Fotografia di Giovanni Fatighenti.

tritone apuano

Un maschio di tritone alpestre apuano in livrea nuziale, caratterizzata dalla cresta pronunciata e dalla colorazione sgargiante, nell’invaso di Cava Valsora, nel 2023. Fotografia di Francesco Visintin.

UN HABITAT DA PROTEGGERE

Grazie alla presenza del tritone apuano, la Societas Herpetologica Italica (SHI) ha inserito ufficialmente il laghetto di Cava Valsora tra le 157 aree di rilevanza erpetologica riconosciute in Italia. Inoltre, la presenza di un’alga molto antica, appartenente al genere Chara, ha fatto rientrare l’habitat originatosi a Valsora tra quelli di interesse comunitario della Rete Natura 2000, andando così ad aggiungere un ulteriore riconoscimento al patrimonio di biodiversità delle Alpi Apuane.

Il caso di Cava Valsora non è unico. Sulle Apuane sono stati identificati oltre una decina di casi analoghi di cave di marmo inattive, in diverse fasi di rinaturalizzazione a opera della flora e della fauna. Per tutelarli, è importante mettere in atto azioni di salvaguardia che non prevedano la riattivazione di questi siti estrattivi.

Negli anni in cui l’attività estrattiva è rimasta sospesa, Cava Valsora è diventata meta di escursionisti attirati da questa storia a lieto fine e dal fascino del luogo, caratteristico per le imponenti pareti di marmo bianco le striature nere che si specchiano sul pelo dell’acqua. La presenza di acqua sembra parzialmente risanare le ferite inferte dall’uomo alla montagna, colmando il vuoto lasciato e riempiendolo di nuova vita.

Chi oggi visita Valsora può scoprire le particolarità del sito grazie a un percorso divulgativo e didattico. L’area è diventata un’attrattiva per il territorio, e attraverso la strada panoramica del Passo del Vestito è ben collegata ad altre mete come il Rifugio Città di Massa e l’Orto Botanico delle Alpi Apuane Pellegrini-Ansaldi. Se ben gestito, un sito come quello di Valsora può attirare visitatori interessati a esperienze culturali e ambientali. E aumentare la consapevolezza del fatto che le Alpi Apuane sono sì montagne fatte prevalentemente di marmo, ma sono soprattutto natura e paesaggi unici al mondo.

cava valsora

L’anfiteatro di marmo in cui si è originato il lago: risulta evidente la morfologia data dall’escavazione “a pozzo”. Una volta bloccata l’attività estrattiva, lo scavo si è riempito di acqua piovana dando origine al laghetto. Cava Valsora, agosto 2021. Fotografia di Giovanni Fatighenti.

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    Andrea Ribolini è Responsabile dell’Orto Botanico delle Alpi Apuane Pellegrini-Ansaldi (Assocazione Aquilegia) e Componente della Consulta Tecnica Regionale per le Aree Protette e la Biodiversità designato dal CAI Toscana. È laureato in Scienze Forestali e Ambientali ed è Guida Ambientale Escursionistica.

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    Francesco Visintin è un ingegnere e fotografo subacqueo. Ha ottenuto riconoscimenti di livello internazionale (tra cui GDT, Asferico, Golden Turtle, FSMISM, Ocean Art) e le sue fotografie sono state pubblicate su testate tra cui National Geographic Italy, BBC Wildlife, Vanity Fair.

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    Giovanni Fatighenti è un fotografo nato a Prato. Ha pubblicato e collabora con riviste come National Geographic Italia, Meridiani Montagne, Montagne 360, Club Alpino Italiano, Vivi Dolomiti.

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