Sono i più grandi cristalli al mondo: alcuni sono lunghi più di dieci metri.
La Cueva de los Cristales è una meraviglia geologica unica al mondo, situata in un ambiente invivibile. Ma è destinata a scomparire per sempre.
Un team italiano sta cercando di portarla (in un certo senso) in superficie.

La foresta di cristallo

È una meraviglia unica al mondo, che solo poche persone hanno potuto vedere e che presto tornerà inaccessibile. Ma alcuni speleologi italiani hanno un progetto per renderla aperta al mondo intero.

15 minuti | 21 Dicembre 2020

Fotografie di Paolo Petrignani
È stata una scoperta unica, una meraviglia offerta dalla geosfera alla comunità umana. La Cueva de Los Cristales, la grotta messicana con i suoi cristalli grandi quasi quanto le colonne del tempio di Segesta, ha meravigliato il mondo intero. Ma è stata più effimera del tempio siciliano: a breve scomparirà ancora agli occhi di noi umani. Alcuni tra i primi esploratori della grotta stanno però cercando di produrne una replica per le future generazioni.

La scoperta è stata quella di un immenso geode, una di quelle strane sfere rocciose che al loro interno contengono cristalli intrecciati tra loro, una sorta di microcosmo che sembra venire da un altro pianeta.

Per raggiungere il più grande geode del Pianeta Terra bisognava immergersi con la camioneta in un tunnel aperto sul fianco di una sierra brulla e rocciosa, circondata dall’albedine del deserto di Chihuahua. Attraverso il tunnel penetravi nella notte perenne di una miniera nel ventre litico della Sierra di Naica, nel Messico settentrionale.

UNA SCOPERTA INASPETTATA

Inizialmente era polverosa, poi diventava umida e torrida. Ci volevano venti minuti tutti in discesa lungo il tunnel involuto, poi la camioneta si fermava in un antro illuminato da lampade al neon. Ci si trovava di fronte a una piccola porta di metallo. Lì dietro c’era l’ultima meraviglia terrestre.

Aperta la porta ci si trovava in una selva di giganteschi cristalli traslucidi. Cristalli così grandi da ricordare una foresta abbattuta dal vento e poi pietrificata. Alcuni erano lunghi fino a 15 metri e larghi uno, li potevi abbracciare. Era la Cueva de los Cristales: il paradiso-inferno in cui si trovano i cristalli più grandi che l’umanità abbia mai osservato.

Nel 2007, quando ho avuto la possibilità di visitarla, gli speleologi italiani del team La Venta la stavano ancora esplorando e studiando. Oggi cercano di salvarla dall’oblio.

Per raggiungere i tunnel più profondi della miniera i minatori usavano un elevatore che veniva calato per centinaia di metri sotto terra.
Gli speleologi Giovanni Badino, Tullio Bernabei e Giuseppe Casagrande preparano le tute speciali, disegnate anche con tecnologie prodotte dalla Ferrino.
Le tute speciali per accedere alla Cueva contengono dei ghiaccioli che permettono di mantenere la superficie corporea fresca allungando di 20-30 minuti la permanenza in grotta.

UN AMBIENTE OSTILE

La grotta è una sorta di bolla schiacciata, di 40 metri di diametro. Fu scoperta casualmente da due minatori. Entrandoci il corpo viene immediatamente ricoperto di condensa, è come entrare vestiti in un bagno turco. La temperatura è di circa 50 gradi centigradi. Il respiro è strozzato per la temperatura e l’umidità insopportabili.

Lo sguardo torna frequentemente verso l’uscita, da cui è meglio non allontanarsi troppo. Inizialmente qualche minatore si avventurò alla ricerca di cristalli, uno di loro che si allontanò troppo dall’ingresso morì con i polmoni pieni di acqua di condensa. Fu ritrovato praticamente cotto.

SPINGERSI AI LIMITI

Lo sa bene Tullio Bernabei, uno dei più esperti speleologi in Italia (nonché documentarista) che, insieme ad altri, in strane tute arancioni si era spinto fino al punto più remoto della grotta, scavalcando cristalli bianco-latte e mettendo a rischio la propria vita.

Delle sue prime esperienze ne abbiamo riparlato recentemente: «Una delle prime volte mi spinsi fino all’estremità della grotta, dove avevo individuato un’apertura. Poteva celare un ingresso a nuovi ambienti, nuovi cristalli, nuovi misteri. La tuta era difettosa, ma il desiderio di esplorare era irresistibile e così ho proseguito».

Poi mi ha confidato: «Ogni minuto passato lì dentro è un regalo della vita. Per uno speleologo trovare nuove prosecuzioni sotterranee è un’emozione impagabile, a me ha condizionato l’esistenza, farlo qui è stato il massimo», non fosse che una delle prime volte si spinse troppo lontano e nel tornare quasi perse la vita, come i primi minatori.

GUARDA IL VIDEO DELLA CUEVA DE LOS CRISTALES

Una coincidenza geologica

La grotta è stata scoperta dai minatori per puro caso nel 2000, e si trova a 300 metri di profondità. Un’altra grotta più superficiale, la Cueva de las Espadas, possiede cristalli non altrettanto grandi ed era stata scoperta nel 1910.

L’antro è attraversato in ogni direzione da enormi prismi di minerali di selenite, che significa “pietra di luna”. Il nome veniva anticamente dato alla varietà più bella e lucida del cristallo di gesso. Una decina di questi trapassano la stanza da una parte all’altra, hanno superfici lisce. Alcuni cristalli terminano in punte acuminate. Altri, a riccio, ricordano un’esplosione congelata.

Cueva de los Cristales, Naica (Messico). Illustrazione di Daniela Germani.

Ventisei milioni di anni fa un’enorme massa magmatica è risalita attraverso la crosta terrestre e si è fermata a duemila metri dalla superficie. Da allora si sta raffreddando, trasformandosi in roccia e dando origine ai giacimenti che venivano sfruttati fino a quasi 800 metri di profondità, abbattendo di altrettanti metri la falda acquifera.

Questo veniva fatto grazie a delle idrovore che pompavano centinaia di litri al secondo di acqua a 60 gradi in superficie. Le acque profonde sono risalite lungo faglie e fratture depositando ferro, piombo, zinco, argento, oro e fluoro.

L’EVOLUZIONE DELLA MINIERA

La miniera è stata a lungo la terza produttrice mondiale di zinco estratto dalle circa 600 mila tonnellate annue di roccia ridotta in brandelli dalle mine. Ha fornito lavoro per un migliaio di minatori, impiegati in cinque turni a ciclo continuo, sei giorni alla settimana.

I minatori e i materiali scendevano attraverso un tunnel tanto largo da lasciar passare due camionetas. Un sistema di aerazione abbassava la temperatura a un vivibile 40 gradi nei livelli più profondi. A 600-800 metri di profondità l’aria è praticamente satura di umidità, per i minatori era come lavorare in una sauna. Dalla volta cadevano gocce bollenti. Dal 2014 però la miniera è inagibile e si sta lentamente allagando.

La grotta è un ambiente affascinante ma del tutto inospitale. Per illuminarla durante le esplorazioni, oltre alle luci frontali, gli speleologi hanno impiegato alcuni faretti.
Muoversi nella grotta dei cristalli non è facile, ci sono punte e spigoli vivi, le superfici dei cristalli sono lisce.
Gli speleologi del Team La Venta hanno esplorato ogni angolo della grotta, in cerca di diramazioni possibili. Hanno trovato diverse vie che avrebbero voluto esplorare, ma date le condizioni non hanno potuto addentrarsi.

Entrare nella Cueva era come essere una statuina in un immenso geode. Il tetto della stanza è rossastro. A molti la Cueva evocava una foresta pietrificata, fatata. Qui prendevano forma le fantasie infantili di un regno di castelli e palazzi di cristallo, o Krypton, il pianeta di Superman. Chi ci si avventurava si muoveva strisciando sulle superfici trasparenti dei cristalli.

TUTE SPECIALI

Gli speleologi avevano costruito delle tute arancioni per sopravvivere più a lungo. La tecnologia di queste tute fu possibile grazie al supporto di alcune accademie scientifiche e industrie specializzate in prodotti per le spedizioni. In queste tute c’erano dei lingotti di ghiaccio che permettevano alla pelle di non surriscaldarsi troppo rapidamente.

L’aria satura di vapore blocca infatti la traspirazione e il corpo non riesce a dissipare il calore, anche con la tuta gli speleologi lasciavano la grotta in uno stato febbricitante. Avevano anche dei respiratori collegati a un deumidificatore che sottraeva umidità dall’aria. Questo gli consentiva di stare all’interno di questo ambiente ostile alla vita fino a un’ora.

COME SI È FORMATA LA CUEVA DE LOS CRISTALES

Una delle domande che ci si pone di fronte a questi cristalli è come sia possibile che abbiano quelle dimensioni. «Si sono formati in circostanze naturali particolarissime», mi ha spiegato Paolo Forti, professore onorario di geomorfologia all’Università di Bologna.

Forti dice che le acque termali in circolazione nella roccia hanno dissolto antichi strati di anidrite (minerale simile al gesso, ma privo di acqua) nelle fratture delle rocce circostanti, ha così convogliato in questa grotta gli atomi di calcio e gli ioni solfato necessari per dare origine ai cristalli di selenite.

Lo spazio vuoto della grotta è stato riempito con acqua calda satura di quegli elementi necessari a formare i cristalli ed è rimasto così, nella quiete idrotermale della pancia di Naica, per centinaia di migliaia di anni. Durante questo tempo, la temperatura dell’acqua è stata stabile a oltre 50 °C.

«È la combinazione di tempi estremamente lunghi e pochi atomi disponibili ciò che ha permesso ai cristalli di formarsi e crescere in totale calma fino a raggiungere dimensioni immense. Qualche grado o atomo in più e i cristalli sarebbero stati molti, ma piccoli come in tante altre grotte», dice Forti.

Cristallo di selenite, la varietà più pura del cristallo del gesso.

UN DEPOSITO ANTICO

Una coincidenza, insomma. «Sì, ma formidabile perchè è durata centinaia di migliaia di anni», ha detto Forti. Usando come misura il decadimento di alcuni elementi radioattivi, in particolare dell’Uranio contenuto nei minerali, i vari ricercatori che si sono avvicendati sul calcolo della loro età hanno stabilito che hanno tra i 300.000 e 600.000 anni di età.

Più recentemente, una astrobiologa della NASA ha perfino annunciato di aver trovato microbi e virus in inclusioni d’acqua all’interno dei minerali. L’interesse della NASA per questa grotta non stupisce. La Cueva rappresenta l’ambiente di un altro pianeta o, per certi aspetti, gli ambienti primordiali del nostro pianeta.

Il ritorno nell’oblio

Però questa è storia passata. La grotta è prossima all’abbandono e presto sarà nuovamente colma di acqua termale. Quando sarà nuovamente sommersa, la grotta porterà con sé molti altri segreti. Per esempio Forti, in inclusioni di circa 35.000 anni fa, aveva trovato spore e pollini di tassi, cipressi, e altre piante di foreste umide di latifoglie, come quelle che ora si trovano nelle regioni sud-occidentali degli Stati Uniti.

«Questo ci ha fatto capire come 35.000 anni fa l’area di Naica fosse caratterizzata da un clima molto più umido di quello presente oggi», ha spiegato ancora il geologo. «Ci sarebbe ancora molto altro da imparare, studiando quella grotta».

L’interno della Cueva de Los Cristales è intricato, enormi cristalli di gesso trapassano la grotta da un lato all’altro, in ogni direzione. Prima dello svuotamento avvenuto a causa della presenza dela miniera, la grotta era invasa da acqua termale.

Però ora l’intera miniera è chiusa dal 2014. «La miniera era comunque in esaurimento e poi una inondazione l’ha resa inagibile, almeno secondo la direzione della miniera», spiega Bernabei senza nascondere una certa delusione.

LA RISALITA DELL’ACQUA

«Hanno spento la maggior parte delle idrovore e ora l’acqua è già risalita fino a quota -340 metri. La Cueva è a -295 metri e il livello sale, dicono, a un ritmo di 3-4 centimetri al giorno». Anche l’acqua bollente della falda richiede il suo tempo per riprendere gli spazi che l’essere umano le ha sottratto.

Ora Naica, la città sorta nel deserto per accogliere i minatori e le famiglie, è quasi una città fantasma. La maggior parte degli uomini lavorano in altre miniere, molte donne e giovani sono invece rimasti indietro, a Naica. «C’è un tasso di alcolismo elevato, è del tutto priva di un tessuto sociale, è un luogo anche poco sicuro», dice Bernabei.

In uno stato naturale la grotta sarebbe colma di acqua termale e debolmente minerale. Svuotandola, i minerali hanno interrotto la loro millenaria e lentissima crescita. Con la cessazione delle attività minerarie riprenderanno a crescere.
Gli speleologi di La Venta (nella foto, Tullio Bernabei) abbandonavano la grotta in uno stato di spossatezza. Ad attenderli, fuori c’era il medico della spedizione che ne controllava i parametri corporei e dava indicazioni su come recuperare lo stato di normalità.
Impalcatura dell’elevatore con cui i minatori scendevano nelle miniere, in gran parte ora allagate.

Ricreare la Cueva de Los Cristales

«La miniera è chiusa, non si può entrare, non se ne sa più nulla. Quello che sappiamo è che, secondo i nostri calcoli, abbiamo solo due anni per cercare di donare all’umanità una versione virtuale della grotta, affinché ne rimanga una testimonianza alla portata di tutti», mi ha confidato Bernabei.

Il suo progetto, o forse un sogno, visto che la direzione della miniera, la Peñoles, e le istituzioni messicane non danno segni di aver accolto la visione dello speleologo e del team La Venta, che è di «ricostruire una replica della grotta, con i suoi cristalli, e proporla a un museo. I visitatori potrebbero esplorarla, riproducendo le condizioni ambientali, fornendo delle tute come le nostre, potrebbero sentirsi come degli esploratori».

Il progetto è ambizioso, ma fattibile. Bernabei ne è convinto, «però dobbiamo poterci tornare ancora e presto. Dobbiamo fare una scansione 3D dell’intero antro. I nostri appunti da speleologo sono molto dettagliati, ma non abbastanza», spiega.

UNA TESTIMONIANZA PER IL FUTURO

È passato dunque il tempo in cui all’ingresso della Cueva potevi sentire un lontano boato, quasi come se ti trovassi nei meandri di Moria, le miniere dei nani del Signore degli Anelli, e poi una carezza d’aria. Erano le mine che esplodevano a 800 metri di profondità: la ricerca di nuove vene minerali. E l’acqua termale, scaldata dall’antico magma ormai quasi interamente consolidato, sale incessantemente.

Bernabei e chi ha vissuto l’incanto della scoperta della Cueva spera ancora di poterla portare, seppur virtualmente, in superficie e poterla così tramandare alle prossime generazioni.

A breve La Venta pubblicherà un volume fotografico sulla grotta. Ma intanto il tempo passa e tra non molto la Cueva con i suoi cristalli sarà restituita al luogo a cui appartiene: le profondità, irraggiungibili, della litosfera terrestre.

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    Jacopo Pasotti è un giornalista, fotografo e scrittore di temi legati all’ambiente. Dal Polo nord all’Antartide, dall’Indonesia all’Amazzonia, racconta di società umane e di natura.

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    Paolo Petrignani è un fotografo documentarista. Ha documentato spedizioni in grotte, foreste e deserti messicani, fiumi sotterranei dell’Asia Meridionale, ghiacciai della Patagonia, Islanda e Antartide. Dal 2001 collabora con National Geographic Italia. Le foto di questo servizio sono state scattate nel 2014.
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