L’iguana blu delle Cayman: una storia (non ancora) finita bene

Illustrazioni di Daniela Germani
Fino a pochi anni fa restavano meno di 20 esemplari di iguana blu delle isole Cayman. Oggi un progetto di conservazione ha fatto uscire la specie dal pericolo critico di estinzione, ma questa specie non è ancora davvero al sicuro.

8 minuti | 5 Maggio 2023

Ci sono storie che hanno il sapore della vittoria. Storie che se ci guardi dentro vedi il buio dell’estinzione e la tenacia della rinascita. Con la rubrica “Per un pelo”, la naturalista e giornalista scientifica Francesca Buoninconti ci racconterà alcune delle più incredibili storie di animali scampati all’estinzione grazie a visionari progetti di conservazione.

Solo vent’anni fa era considerata uno dei rettili più minacciati al mondo. In quell’angolo di paradiso che è il Mar dei Caraibi, infatti, restavano meno di venti esemplari della splendida iguana blu delle isole Cayman. Un tempo padrona di quei territori, l’iguana blu era diventata rarissima a causa della distruzione dell’habitat e di nuovi predatori arrivati coi coloni. Oggi a Grand Cayman vivono circa 500 iguane blu e la specie non è più in pericolo critico di estinzione, grazie a un importante progetto di ripopolamento che sta tirando fuori dal baratro questi grossi lucertoloni. 

 

L’isola dell’iguana blu

Fino al 1500, all’arrivo di Cristoforo Colombo, l’iguana blu delle isole Cayman (Cyclura lewisi) era l’animale terrestre più grande che viveva a Grand Cayman. Lunga un metro e mezzo, con un peso che nei maschi supera i 10 chili, popolava principalmente le coste dell’isola: un posticino niente male, tra distese di rocce e sabbia bianca che si tuffano nel mare turchese dei Caraibi. Un paradiso in terra. Del resto ancora oggi è questo l’habitat ideale anche per le sue cugine: le altre specie di iguana che popolano i Caraibi, da Cuba alla Giamaica, passando per le Bahamas e le Antille. 

Eppure da questo paradiso le iguane blu sono state sfrattate, respinte verso l’interno dell’isola prima dai coloni inglesi e poi, negli ultimi decenni, da orde di turisti e dal proliferare di villette a schiera sul mare, villaggi turistici e dalla rete stradale. Oggi gli ultimi esemplari di iguana blu vivono confinati tra le zone di boscaglia xerofitica di Grand Cayman, facendo ogni tanto irruzione nei campi coltivati e nei giardini dell’isola per scaldarsi comodamente al sole o mangiare qualche frutto “proibito”. Con il rischio – però – di incontrare cani, gatti e altri predatori introdotti dall’uomo.

 Gli esemplari che ancora oggi vivono sull’isola sono inconfondibili, con quella cresta di spine che corre lungo il dorso, occhi piccoli con sclera rossa e iridi bruno-dorate, e zampe nere con dita artigliate per scavare e arrampicarsi. Mentre sulla pelle squamosa e piena di grinze hanno tatuati i mille colori del mar dei Caraibi: dal verde oliva slavato delle femmine con punte di azzurro; al blu ceruleo dei maschi adulti che sfocia in un brillante turchese che viene accentuato per marcare il territorio, in presenza di rivali.

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Una collocazione difficile

Per capire che le iguane blu di Grand Cayman sono una specie a sé, c’è voluto del tempo. Parecchio tempo: sono state riconosciute come tali solo nel 2004, mentre la storia della loro tassonomia comincia alla fine degli anni Trenta.

È il 1938, quando Bernard Lewis, un giovane zoologo dell’Institute of Jamaica, nato a Worcester negli Stati Uniti, si imbarca per le isole Cayman per prendere parte a una spedizione scientifica organizzata dall’università di Oxford. E da bravo naturalista raccoglie due esemplari di iguana blu: un maschio e una femmina, che finiranno direttamente nelle vetrine del British Museum di Storia Naturale. Lewis – per quanto poco conosciuto – ha avuto il merito di scoprire e descrivere una serie di nuovi taxa di insetti, molluschi, piante e rettili dei Caraibi, tra Giamaica, Cuba e Isole Cayman, e descrive anche questa specie, dai gusti principalmenti erbivori e lo starnuto facile.

Le iguane blu mangiano foglie, fiori e frutti di 45 specie di piante, di cui disseminano i semi, ma non disdegnano granchi e piccoli pesci, insetti e funghi. E pare inoltre che i semi che passano dal loro intestino acquistino la capacità di germinare più rapidamente, godendo appieno della breve stagione delle piogge. La dieta delle iguane blu è quindi ricca di potassio e cloruro di sodio che espellono grazie a una ghiandola del sale situata nelle cavità nasali in un modo molto particolare: con grossi e poco signorili starnuti.

Lewis è dunque il primo a portare questa specie all’attenzione della scienza occidentale ed è in suo onore che Chapman Grant battezzerà la nuova iguana “lewisi” nel 1941, ritenendola però una sottospecie dell’iguana di Cuba (Cyclura nubila). Dopo decenni di diatribe, e dopo aver analizzato accuratamente il numero di squame presenti sulla testa delle diverse specie di iguane dei Caraibi e confrontato il DNA mitocondriale, la questione si è chiusa nel 2004: l’iguana blu di Grand Cayman è una specie. E oggi porta ancora il nome di Lewis: Cyclura lewisi. A stabilirlo sono stati due dei massimi esperti al mondo di iguane: Catherine Malone, zoologa dell’Iguana Specialist Group dell’IUCN, e Frederick Burton, colui che ha il merito principale di aver salvato le iguane blu da estinzione certa.

 

Quattro secoli bui, per l’iguana blu

«La specie è quasi estinta e dubito che ne esistano ancora più di una dozzina di esemplari sull’isola… Gli abitanti di East End dicono che dal 1925 le iguane sono divenute così rare che non vale più la pena dare loro la caccia». Scriveva così nel 1941 Chapman Grant nel suo The Herpetology of the Cayman Islands. E non aveva torto: quattro secoli di colonialismo avevano spazzato via la quasi totalità delle iguane blu da Grand Cayman.

All’inizio sono stati i cani e i gatti che accompagnavano i coloni a farne stragi. Poi con le navi sono arrivati anche i ratti, che ne predavano le uova mentre era già cominciata la trasformazione delle terre vergini di Grand Cayman, per far spazio a terreni coltivati, strade e abitazioni. Una trasformazione che negli ultimi due secoli è stata accelerata: i primi campi coltivati sono stati convertiti in pascoli per bovini, e così alla perdita di alberi da frutto si è aggiunta la compattazione del suolo operata dai bovini, mentre per esempio – per scavare il nido – le iguane hanno bisogno di un terreno non troppo compatto.

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Nuove minacce e nuove speranze

Inoltre i nuovi spazi abitativi, le villette a schiera e i complessi turistici che hanno invaso le coste e le aree interne hanno sottratto ulteriori aree alle iguane. Mentre sulle strade litoranee e interne percorse ormai da traffico regolare questi rettili trovano spesso la morte. L’iguana blu, storicamente cacciata per la sua carne dalla popolazione locale, è poi diventata il nuovo animale da compagnia o souvenir da svendere ai turisti. 

Come se tutto ciò non bastasse, infine, è arrivata una nuova minaccia dall’Honduras: l’iguana verde (Iguana iguana). Un’altra specie aliena diventata invasiva, che oltre a competere per il cibo e gli spazi, rischia di confondere i locali che non distinguono le due specie e non comprendono i motivi degli sforzi di protezione messi in atto a partire dagli anni Novanta, quando ci si rese conto che la situazione era davvero complicata. All’epoca si contavano meno di 20 iguane blu ancora in libertà. E nel 2001, nessun giovane nato in natura aveva raggiunto l’età adulta. Per l’IUCN, l’Unione Internazionale della Natura, l’iguana blu era ormai in pericolo critico di estinzione. 

A risollevare le sorti dell’iguana blu di Grand Cayman è stato un progetto in particolare: il Blue Iguana Recovery Programme (BIRP), lanciato nel 1990 dal National Trust for the Cayman Islands con la collaborazione di molti altri enti e istituzioni. La mente dietro questo progetto, tanto ambizioso da pensare di poter salvare una specie a partire da soli 20 individui, è quella di Frederick Burton: un naturalista nato e cresciuto oltreoceano, nella regione del Lake District in Inghilterra, laureato all’università di Cambridge e approdato alle Cayman all’inizio degli anni Ottanta. 

Come salvare l’iguana blu, una specie longeva

«Sulla bacheca del dipartimento di biologia apparve un annuncio che chiedeva assistenti di campo per lavorare presso l’Unità di ricerca e controllo delle zanzare nelle Isole Cayman», racconta Burton. «Non avevo la minima idea di dove fossero le Cayman: l’unico modo per scoprirlo era fare domanda, e così è stato. Ho ricevuto la mia offerta di lavoro tramite telegramma». 

Una volta sbarcato alle Cayman alla ricerca di zanzare, Burton incontra la sua prima iguana blu: capisce immediatamente la gravità della situazione studiando la poca letteratura scientifica disponibile e riesce a convincere il governo a tentare il tutto e per tutto. Nasce così il BIRP: un progetto con una strategia di conservazione ben precisa, ma molto onerosa, che prevede allevamento in cattività, continui monitoraggi in natura e anche la rimozione – o quantomeno un controllo – delle specie aliene, per non vanificare gli sforzi. 

Il primo passo è far riprodurre in cattività quelle poche iguane rimaste e ottenere il maggior numero possibile di giovani, con un occhio di riguardo alla loro genealogia. In effetti le iguane blu sono animali longevi che vivono anche più di 50 anni (il record appartiene a un esemplare di nome Godzilla che avrebbe raggiunto i 69 anni). E ogni femmina – a seconda dell’età e della taglia – può deporre fino a 20 uova, che in una situazione protetta e sicura, incubate a 32°, schiuderebbero quasi tutte.

Una volta schiuse le uova, poi, i nuovi nati devono essere allevati in cattività per almeno due anni: fino a quando non raggiungono una stazza sufficiente a metterli il più possibile al riparo da ratti, gatti e cani. E a quel punto vengono rilasciati in due aree protette – la riserva di Salina e il Queen Elizabeth II Botanic Park – dove continueranno la loro vita, stabilendo i rispettivi territori e cominciando a riprodursi in natura dai tre anni d’età.

 

Rinascere dalle ceneri

Così dal 2004 sono cominciati i primi rilasci e il loro monitoraggio, in un’escalation positiva che sta regalando grandi speranze e grandi soddisfazioni.

L’obiettivo finale? Frederick Burton l’ha esplicitato fin dall’inizio: per considerare fuori pericolo l’iguana blu si deve raggiungere una popolazione stabile in natura di almeno 1000 esemplari. Oggi, a 20 anni dall’inizio dei rilasci, il BIRP ha cambiato nome in Blue Iguana Conservation e l’obiettivo finale non è ancora stato centrato. Tuttavia il progetto ha raggiunto un grandissimo traguardo che odora già di vittoria: oggi la popolazione di iguane blu in libertà conta 450 adulti, e con i giovani si arriva a superare i 500 individui. Metà del traguardo. Ma soprattutto nel 2012, vista la crescita così rapida, l’IUCN ha stabilito che l’iguana blu delle Cayman è un gradino più lontana dal baratro dell’estinzione: non è più “in pericolo critico”, ma solo “in pericolo”.

Come una fenice, l’iguana blu sta rinascendo da quelle che sembravano le sue ceneri. E per adesso continuerà ancora a disperdere semi su Grand Cayman.

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  • Daniela Germani

    Daniela Germani è geologa specializzata in paleontologia e illustratrice appassionata di tematiche naturalistiche e ambientali.
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  • Francesca Buoninconti

    Francesca Buoninconti è naturalista e giornalista scientifica. È nella redazione di Radio3 Scienza, il quotidiano scientifico di Radio3 Rai, e racconta la zoologia ai ragazzi su Rai Gulp per La Banda dei FuoriClasse. Scrive di scienza, natura e clima per varie testate, tra cui “Il Bo Live” e “Il Tascabile”. È autrice di “Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori” (2019) e “Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali” (2021), entrambi pubblicati da Codice Edizioni.
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