Perfino la vita dei suoi abitanti è tutto tranne che agiata: le condizioni di lavoro sono inumane, l’acqua è avvelenata, il rancio scarso e il clima spietato. Eppure, le lusinghe dell’oro richiamano nella città orde di novelli cercatori, attirati dalla possibilità di fare fortuna in breve tempo scavando quello che è soprannominato “il paradiso del diavolo”. Molti di loro non se ne andranno mai più.
Un ambiente estremo


A poco a poco, in questa città di soli uomini li seguirono anche donne e bambini: secondo il più recente censimento ufficiale, la città conta 30 mila anime, la maggioranza delle quali sono indigeni quechua e aymara, gli unici abituati a tollerare per lunghi periodi l’alta quota. Il numero esatto dei residenti rimane tuttavia incerto: secondo altre stime, sotto i tetti di lamiera si affollano tra le 50 e le 70 mila persone.
Nel disinteresse dello stato – rappresentato unicamente da un risicato presidio di polizia e da una misera clinica sanitaria – questa comunità sopravvive senza acqua corrente, rete fognaria e perfino riscaldamento. La raccolta e il trattamento dei rifiuti sono inesistenti: i grandi cumuli di immondizia abbandonati ovunque, perfino nel cimitero, rendono La Rinconada una colossale discarica a cielo aperto. L’unico motivo per cui le disastrate condizioni igieniche della città non causano un’epidemia è il freddo brutale che argina la proliferazione dei batteri. La mancanza dei servizi di base, a eccezione dei trasporti e della telefonia mobile, rendono la vita un inferno di miseria. L’elettricità è arrivata in città nel 2002 ma rimane destinata a soddisfare prevalentemente il fabbisogno delle miniere.

Schiavi dell’oro
Lo sfruttamento minerario dell’intera zona è in concessione alla Corporación Minera Ananea. Questa distribuisce i singoli cunicoli a circa cinquecento “operatori” minerari. Ciascun operatore subappalta a sua volta il lavoro a squadre di minatori, obbligati a lavorare in condizioni estreme in un labirinto di gallerie scavate tra la roccia e il ghiaccio, nelle quali l’ossigeno scarseggia e il freddo penetra le ossa.
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Il sistema del cachorreo
Nonostante le condizioni di degrado, sono numerosi quelli che accettano l’azzardo: se premiato dalla scoperta del giusto filone, qualche anno di inferno può riscattare un’intera vita di incertezze e di salari miseri e garantire un’esistenza decorosa per sé e per la propria famiglia. Per questa ragione, i fiacchi tentativi del governo di abolire il cachorreo sono stati finora infruttuosi. La proposta di riforma del sistema di retribuzione si è spesso scontrata con le proteste dei minatori informales, cioè artigiani, contrariati dalla prospettiva di ricevere uno stipendio misero, benché fisso. Eliminata la sorte dall’equazione, il gioco – e quindi il mestiere – non vale la candela.
Per la maggioranza delle persone, infatti, il colpo di fortuna non arriverà mai, come lasciano intendere le testimonianze, tutte mestamente simili, raccolte negli anni da numerosi reporter. La riflessione più frequente si può riassumere in “sono venuto con l’intenzione di rimanere solo qualche anno, il tempo necessario per arricchirmi. E invece, ho finito per rimanerci”.



Il problema dell’inquinamento a La Rinconada
Alla fine del processo rimane una grande quantità di fanghi che contengono ancora una certa percentuale d’oro. Per recuperarlo, i fanghi vengono trattati con una soluzione di cianuro, la cui contaminazione ambientale va ad aggiungersi a quella da mercurio.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), il rilascio di mercurio nell’ambiente dovuto all’estrazione artigianale dell’oro è responsabile di oltre un terzo dell’inquinamento globale causato da questo metallo, pari a circa 2 mila tonnellate ogni anno. L’inefficienza del metodo non deve trarre in inganno: l’estrazione artigianale produce circa il 12-15% dell’oro mondiale e coinvolge da 10 a 15 milioni di minatori, tra cui 4-5 milioni di donne e bambini, in una settantina di paesi.

Un altissimo prezzo da pagare
Come se non bastasse, anche la silicosi è molto diffusa nella popolazione. Le vene di quarzite da cui si estrae l’oro sono infatti ricche in silice: l’inalazione prolungata di polvere contenente biossido di silicio danneggia progressivamente i polmoni, causando disfunzioni respiratorie irreversibili. Per una ragione ancora sconosciuta, gli individui silicotici risultano inoltre particolarmente suscettibili alla tubercolosi.


Ma La Rinconada non uccide solo lentamente, anzi. La maggioranza dei decessi sono causati da incidenti in miniera – detonazioni maldestre di dinamite, crollo di soffitti, asfissia – oppure da risse e rapine. A La Rinconada non mancano infatti bar e bordelli nei quali i minatori sperperano i soldi guadagnati. Questi locali sono aperti a ogni ora del giorno ed è frequente vedere diverbi che si concludono con morti o feriti.
L’oro non è eterno: anche la vena più ricca è destinata a esaurirsi. Si stima che a La Rinconada sarà possibile continuare a scavare solamente per un’altra decina d’anni. Quando quel momento arriverà, i minatori, uno per uno, partiranno alla ricerca di un nuovo El Dorado, portando con sé le loro famiglie e i loro sogni di ricchezza. Ma soprattutto, quella volontà d’acciaio mista a disperazione, tutto ciò che serve per fondare una nuova città infernale.
