Scenari 2100. Il clima del futuro

Fotografie di Antonio Zambardino
Illustrazioni di Michela Cavagna
Come sarà il clima del futuro? Un percorso a bivi con otto scenari che raccontano il migliore e il peggiore del futuri possibili.

7 minuti | 11 Marzo 2022

Nel primo volume del sesto rapporto IPCC, pubblicato nell’agosto del 2021, si delineano cinque scenari di emissioni al 2100 che riflettono i diversi sforzi compiuti dall’umanità per contrastare la febbre planetaria: i primi due scenari sono relativamente ottimistici (con aumenti di temperatura media di 1,4° C e 1,8°C rispetto all’epoca preindustriale), il terzo è intermedio (+ 2,7° C), mentre gli ultimi sono decisamente nefasti (+3,6° C e +4,4° C). Sulla base delle attuali tendenze, alcuni sono considerati più plausibili di altri, ma in tutti la temperatura del pianeta continuerà ad aumentare almeno fino alla metà del secolo.

Scenario positivo

È una mattina di maggio del 2097 ma nell’aria si percepiscono già i primi segnali dell’estate. La giornata è ideale per compiere l’escursione in montagna che Leonardo, da poco ventenne, ha messo nel mirino da tempo. Anche se è nato in una grande città, Leonardo è cresciuto qui, ai piedi delle Prealpi, dove i suoi genitori si sono trasferiti per sfuggire alle sempre più frequenti ondate di calore della pianura cementificata. Molte altre famiglie hanno fatto lo stesso, riportando la vita in paesi e borghi abbandonati, o quasi, a causa dello spopolamento delle montagne avvenuto nel secolo scorso. 

Il pianeta sta tornando a respirare a pieni polmoni. E con esso, anche la popolazione mondiale, stabilizzatasi a 9 miliardi di persone.

Mentre riempie lo zaino con l’attrezzatura, Leonardo si sente grato per questa opportunità. I libri di storia definiscono quella dei suoi coetanei “la generazione della speranza”, perché sarà la prima che potrà assistere alla rinascita del pianeta. Grazie all’efficacia delle misure adottate nella prima metà del secolo per arginare il cambiamento climatico, le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera sono in lenta ma costante diminuzione. Qualunque dispositivo elettronico, grande o piccolo, oggi è alimentato da fonti rinnovabili di energia prodotte da una miriade di impianti locali. Come il vasto parco eolico che si staglia sulla cima del monte che è la destinazione della sua escursione odierna. 

La transizione energetica è stata accompagnata dalla riforestazione di ampie regioni del pianeta e dalla contemporanea moltiplicazione degli impianti di sequestro e stoccaggio dell’anidride carbonica dall’atmosfera, che imprigionano nel sottosuolo o nei fondali oceanici il carbonio in eccesso. Il pianeta sta tornando a respirare a pieni polmoni. E con esso, anche la popolazione mondiale, stabilizzatasi a 9 miliardi di persone: l’abbandono dei combustibili fossili ha migliorato quasi ovunque la qualità dell’aria, riducendo il numero di morti premature. A onor del vero, ragiona Leonardo, sarebbe potuta andare anche meglio se l’umanità avesse agito prima. Mantenere l’aumento della temperatura media del pianeta al di sotto di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale è stato un traguardo insperato ma è pur sempre un aumento. 

A livello globale, l’innalzamento del mare supera tuttora il mezzo metro, provocando disagi nei paesi più ricchi e abbandono delle coste in quelli che non potevano permettersi opere di adattamento e mitigazione nelle città più esposte. Tuttavia, ciò che più colpisce Leonardo da vicino è la scomparsa dei grandi ghiacciai dalle Alpi. Durante alcuni inverni la neve ha imbiancato le cime dei monti più alti, resistendo per alcuni giorni. Ma un intero ghiacciaio fa proprio fatica a immaginarlo.

Illustrazione di Michela Cavagna.

Scenario negativo

È una mattina di maggio del 2097 ma la calura in casa è già insopportabile. Sofia si è rassegnata alle feroci ondate di calore che si verificano sempre più di frequente nel Nord Italia, rendendo infernale ogni primavera. Per non parlare delle estati, quando il gallio del termometro si spinge talvolta oltre la quarantesima tacca e possono trascorrere interi mesi tra un nubifragio e l’altro. 

Sofia si affaccia sul terrazzo dell’appartamento, attende che i refoli della scalcinata climatizzazione domestica si attenuino, e quindi rientra scoraggiata. Anche oggi trascorrerà la giornata in casa, posticipando l’uscita alle ore serali. Alla sua età non è il caso di rischiare un colpo di calore o di disidratarsi eccessivamente. Contro la vecchiaia non possiamo farci nulla, ragiona Sofia, ma per il caldo è impossibile non arrabbiarsi. Eppure, non sarebbe dovuta andare così. Sofia è nata nel 2020, quando la crisi climatica sembrava talmente lontana da non richiedere misure d’emergenza. Anno dopo anno – nonostante gli scienziati lanciassero allarmi sempre più pressanti e le prime manifestazioni tangibili del cambiamento climatico divenissero realtà – l’umanità finì per rimandare, oltre i limiti dell’istinto di autoconservazione, la più grande sfida della sua storia: abbandonare un modello di sviluppo predatorio per abbracciarne uno sostenibile, sia nei confronti del pianeta che delle generazioni successive. 

Ciò che fa più impressione sono le immagini del Mar Glaciale Artico libero dai ghiacci, continuamente solcato da portacontainer che scarrozzano merci da una parte all’altra del globo. Molte di queste sono armi.

Ora che siamo arrivati all’orizzonte degli scenari dei climatologi possiamo ammetterlo: l’umanità ha fallito. Tutti noi, come individui, come società, come specie. Dare la colpa alle lobby e ai poteri forti sarebbe riduttivo. Certo, le campagne di disinformazione e le pressioni delle lobby petrolifere sui governi hanno contribuito alla disfatta. Ma la realtà è che ciascuno di noi, rifiutando per il proprio interesse di adottare comportamenti individuali più sostenibili, è altrettanto colpevole. Nonostante le parole, la transizione energetica non è mai stata completata e l’umanità, che nel frattempo ha superato i 12 miliardi di persone, dipende ancora in buona parte da gas, petrolio e carbone. Gli stessi che alimentano il suo climatizzatore, fondamentale per sopravvivere a temperature medie che sono superiori di 3,6°C rispetto ai valori preindustriali

Ciò che fa più impressione sono le immagini del Mar Glaciale Artico libero dai ghiacci, continuamente solcato da portacontainer che scarrozzano merci da una parte all’altra del globo. Molte di queste sono armi. La crescente aridità e l’innalzamento del livello del mare hanno esacerbato le tensioni internazionali mentre gli imponenti flussi di migranti climatici sono accolti dalla moltiplicazione di organizzazioni e partiti nazionalisti. 

Sofia si sposta in cucina per dissetarsi. Dal rubinetto non esce che un rivolo di acqua: nelle ultime settimane il razionamento è sempre più severo. Speriamo che nei prossimi giorni piova, pensa Sofia con amarezza, attingendo dalla sua riserva di acqua: noi, gli animali più bravi a fare previsioni di lungo termine, dobbiamo affidarci a preghiere e speranze per elemosinare un po’ di acqua.

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  • Antonio Zambardino

    Antonio Zambardino è stato un fotografo nato a Roma nel 1981. Si trasferì a Napoli, dove documentò la crisi dei rifiuti in Campania; con questo lavoro vinse il premio FNAC nel 2008. Visse a Bangkok, dove seguì i problemi sociali e ambientali della regione. I suoi lavori sull’Italia, il Nord America, il Medio Oriente e l’Asia sono stati pubblicati su testate internazionali e sono stati premiati a New York Photo Festival, Pictures of The Year, selezione FOAM Talent, International Photography Awards. È mancato troppo presto nel 2016, sull’isola tailandese di Koh Phangan.

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  • Davide Michielin

    Davide Michielin è biologo e giornalista. Collabora regolarmente con la Repubblica e Le Scienze occupandosi di temi a cavallo tra la salute e l’ambiente. Attualmente è Senior Scientific Manager presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) e docente al Master in comunicazione della scienza dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
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  • Francesco Martinelli

    Francesco Martinelli è un naturalista e giornalista scientifico. Si occupa di natura e conservazione, con particolare attenzione per la sostenibilità ambientale e culturale dell’entroterra italiano.
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  • Michela Cavagna

    Michela Cavagna è architetto, artista, illustratrice. Il suo lavoro spazia dall’immaginario infantile alla ricerca tessile applicata all’arte e al design.
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