Una nuova speranza per lo svasso dal cappuccio

Illustrazioni di Daniela Germani
In Patagonia, un manipolo di scienziati e volontari cerca di dare un futuro alle ultime 400 coppie di svasso dal cappuccio, un elegante uccello acquatico minacciato dalla crisi climatica e dalle specie aliene.

7 minuti | 2 Settembre 2022

Ci sono storie che hanno il sapore della vittoria. Storie che se ci guardi dentro vedi il buio dell’estinzione e la tenacia della rinascita. Con la rubrica “Per un pelo”, la naturalista e giornalista scientifica Francesca Buoninconti ci racconta alcune delle più incredibili storie di animali scampati all’estinzione grazie a visionari progetti di conservazione.

In questo terzo appuntamento vi portiamo tra i laghi vulcanici della Patagonia, dove un manipolo di scienziati e volontari cerca di garantire un futuro alle ultime 400 coppie di svasso dal cappuccio (Podiceps gallardoi): un elegante uccello acquatico, minacciato dalla crisi climatica e dalle specie aliene.

Un epilogo imprevisto

I laghi basaltici della provincia di Santa Cruz, nell’arida steppa della Patagonia, ospitano gli ultimi nidi di un elegante uccello acquatico che – letteralmente – danza sul baratro dell’estinzione. Lì in Argentina lo chiamano macá tobiano e quando, nel 1974, gli ornitologi Mauricio Rumboll ed Eduardo Shaw si imbatterono nel primo esemplare mai osservato – scoprendo così una nuova specie – non potevano immaginare quali sarebbero state le sue sorti. Lo svasso dal cappuccio (Podiceps gallardoi) nidifica solo in questi laghi vulcanici, tra i 500 e i 1.200 metri sul livello del mare. All’epoca, stando ai primi censimenti, si stimavano 3.000-5.000 individui. Il naturale isolamento geografico dunque sarebbe dovuto bastare a proteggerli, e invece non è stato così.

Le prime a incrinare l’equilibrio sono state le specie aliene, che sono riuscite a insinuarsi persino in lande così remote, nutrendosi di uova e pulcini di svasso. Ai nuovi predatori si è aggiunto il cambiamento climatico che non conosce confini geografici e sta modificando il paesaggio a tal punto da minare il successo riproduttivo di questi uccelli.

A soli 48 anni dalla sua scoperta, lo svasso dal cappuccio è già considerato “in pericolo critico di estinzione” dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Oggi restano circa 400 coppie, con un tasso riproduttivo bassissimo (appena 0,2 nati per coppia ogni anno). Ma fortunatamente dal 2009 un gruppo di ricercatori e ambientalisti appartenenti all’ONG Aves Argentinas, insieme ad Ambiente Sur e Birdlife International, sta facendo di tutto per salvare lo svasso dall’estinzione.

 

Un nuovo nemico

Lo svasso dal cappuccio, grande una trentina di centimetri, è un migratore. In primavera-estate (da ottobre a marzo) abita i laghi vulcanici della Patagonia, dove si riproduce. Quando arriva l’inverno, con temperature che in questi luoghi arrivano ai -25°C, si sposta sulle coste dell’Argentina, tra gli estuari del rio Coyle, del rio Gallegos e del rio Chico sulla costa atlantica di Santa Cruz. A perturbare il tranquillo “tran-tran” da pendolare del mondo, scandito dalla migrazione e dall’alternarsi delle stagioni, è stato l’arrivo del visone americano (Neovison vison). 

Come spesso avviene nella faida tra specie autoctone e specie aliene disseminate in tutto il mondo per mano dell’uomo, il problema iniziale è diventato rapidamente una catastrofe ecologica.

Si tratta di una specie aliena per l’Argentina, commerciata e allevata per la pelliccia, capace di distruggere un’intera colonia di svassi in una sola notte. Quando, tra il 2010 e il 2011, il visone americano è arrivato sull’altopiano di Buenos Aires non ha lasciato scampo agli svassi dal cappuccio. Ha cominciato a predare adulti, piccoli e uova, nessun escluso, aggiungendosi ai predatori naturali dello svasso dal cappuccio. 

Tra questi c’è lo zafferano meridionale (Larus dominicanus), un grosso gabbiano il cui numero di individui è cresciuto rapidamente con l’aumento delle discariche, e l’anatra vaporiera volatrice (Tachyeres patachonicus) con cui lo svasso ha spesso dei “battibecchi”, è il caso di dire. 

E se un pericolo arriva dalla terraferma, un altro nuota sotto il pelo dell’acqua: l’introduzione di trote e salmonidi ha determinato un calo riproduttivo in diversi laghi. Questi pesci esotici, infatti, competono per il cibo con gli svassi e modificano le condizioni del lago, aumentando i livelli di cianobatteri potenzialmente dannosi per gli svassi. Insomma, come spesso avviene nella faida tra specie autoctone e specie aliene disseminate in tutto il mondo per mano dell’uomo, il problema iniziale è diventato rapidamente una catastrofe ecologica.

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Proteggere lo svasso dal cappuccio

Per contenere i danni e salvare gli svassi in nidificazione dalle fauci dei visoni americani, ogni anno gli ornitologi e i volontari del progetto Macá tobiano piazzano decine di trappole attorno alle colonie riproduttive per catturare i visoni. E da qualche anno, al programma di ricerca e conservazione dello svasso dal cappuccio partecipano anche degli aiutanti a 4 zampe: cani addestrati per cercare e individuare i visoni americani, senza disturbare (neanche abbaiando) la fauna autoctona. 

Il loro aiuto sul campo è fondamentale per segnalare tane e rifugi, e per programmare al meglio le azioni di contenimento dei visoni americani. Mentre per le trote e i salmonidi, oggi vige il divieto di introduzione, e si cerca di controllare le dimensioni delle popolazioni degli zafferani meridionali nei siti riproduttivi degli svassi.

 

Danzando sul baratro dell’estinzione

È proprio all’inizio del periodo riproduttivo, che nei laghi vulcanici della Patagonia si può assistere a uno spettacolo unico: una danza contro l’estinzione. Per gli svassi dal cappuccio, scegliere un partner con cui mettere su un nido è un’impresa non da poco, e le affinità elettive emergono dopo un appassionato tango acquatico, elegante, energico e movimentato. Danzando all’unisono sull’acqua i due partner si scelgono, celebrando la loro unione in mezzo a distese di Myriophyllum quitense: una pianta acquatica che durante la fioritura tinge i laghi di rosso. Gli svassi utilizzano questa pianta per costruire il nido, per proteggerlo dalle onde, ma anche per mangiare. Il Myriophyllum infatti offre riparo ai coleotteri acquatici (Limnea sp.) di cui si nutrono. In questo scenario, ogni nuova danza conta: accende una speranza, è il primo piccolo passo per uscire dal vortice dell’estinzione.

È proprio all’inizio del periodo riproduttivo, che nei laghi vulcanici della Patagonia si può assistere a uno spettacolo unico: una danza contro l’estinzione.

Dopo il tango, infatti, la nuova coppia mette su il nido. Tutto inizia con il dono di un ramoscello, un filamento di Myriophyllum. A quel punto, gli svassi cominciano a intrecciare le piante acquatiche costruendo una sorta di zattera vegetale, che spunta fuori dall’acqua, ma è ancorata al fondo del lago dalle piante stesse di Myriophyllum. Qui gli svassi depongono una o due uova, che covano pazientemente per 21 giorni. Sono queste le settimane più difficili per gli svassi, più esposti agli attacchi dei visoni, e impotenti contro i venti forti e costanti della Patagonia che spesso determinano il fallimento della covata. 

 

Alle prese con il cambiamento climatico

In balia degli elementi e in bilico sui loro nidi galleggianti, i macá tobiani devono però fronteggiare un nuovo pericolo: l’ombra del cambiamento climatico. Per essere il luogo ideale in cui mettere su famiglia, infatti, i laghi vulcanici devono avere acqua a sufficienza. 

E proprio “a sufficienza” è la parola chiave. Il livello dell’acqua non può essere troppo alto, altrimenti le piante di Myriophyllum verrebbero sommerse e gli svassi non riuscirebbero a costruire i loro nidi; né dev’essere troppo basso, altrimenti le piante di Myriophyllum emergerebbero troppo, si seccherebbero e non offrirebbero un nido confortevole, senza contare che i visoni potrebbero spingersi più lontano dalle rive a quel punto. La quantità di acqua all’interno dei laghi è quindi un elemento chiave per il successo riproduttivo dello svasso dal cappuccio, ma negli ultimi anni il cambiamento climatico ha mischiato le carte in tavola. 

Nevica sempre di meno, le steppe patagoniche sono sempre più aride e i laghi in primavera ricevono sempre meno acqua, creando problemi alla costruzione dei nidi e rendendo i tanghi sull’acqua sempre meno frequenti. Tra il 2006 e il 2011, in anni molto siccitosi, alcuni laghi si sono prosciugati completamente; in altri il livello dell’acqua registrato era inferiore di 2-3 metri rispetto agli anni precedenti.  Inoltre le piogge e i forti venti improvvisi in estate mettono a dura prova la tenuta dei nidi, che possono rovesciarsi o allagarsi, mandano in malora le uova. Nelle ultime quattro estati, il Myriophyllum ha smesso di fiorire, creando ulteriori difficoltà agli svassi dal cappuccio impegnati nella costruzione dei nidi.

Leggi tutte le puntate di “Per un pelo”, la rubrica di Francesca Buoninconti.

I guardiani dello svasso dal cappuccio

Il periodo riproduttivo è estremamente delicato e viene costantemente monitorato dal team di Aves Argentina, che trascorre mesi interi accampato in riva ai laghi per tenere lontani i visoni americani e monitorare la riproduzione degli svassi. Combattere il cambiamento climatico e i suoi impatti però è molto più difficile. Ma il gruppo che lavora al progetto Macá tobiano ha trovato una soluzione ingegnosa: installare piattaforme artificiali galleggianti, ricoprendole di Myriophyllum. E la cosa sembra funzionare: gli svassi le usano per riprodursi, più spesso le utilizzano come “appoggio” per costruire nelle immediate vicinanze i loro nidi, e spesso proprio sulle piattaforme depongono le uova.

 

Una nuova speranza

Per anni gli ornitologi di Aves Argentina hanno vigilato e atteso. Hanno pattugliato e monitorato ogni colonia, hanno tenuto sotto controllo il numero di visoni, hanno installato piattaforme per favorire la nidificazione. Tuttavia negli ultimi quattro lunghi anni, nessun uovo si è schiuso.  Ma finalmente l’alba del 2022 ha riacceso le speranze: il 23 gennaio il team del progetto Macá tobiano ha annunciato una nuova nascita.

A Capodanno era stata trovata una nuova colonia con 8 nidi sull’altopiano del lago di Buenos Aires e – come da prassi – il team aveva allestito un campo per proteggerli e monitorarli. L’attesa, la tenacia, l’impegno sono stati ripagati: gli svassi dal cappuccio sono tornati a nascere.

Tutte le misure adottate finora e l’istituzione del nuovo Parco Nazionale della Patagonia, consentiranno agli svassi di continuare a danzare contro l’estinzione. E per aiutarli il team di Aves Argentina sta provando a giocare anche l’ultima carta: raccogliere le uova abbandonate dagli svassi e mettere a punto un protocollo per incubarle in cattività, allevare i giovani e poi reinserirli in natura. In uno scenario così drammatico, ogni individuo conta. Ma la vittoria più grande resta osservare i nuovi nati nel 2022 che trascorrono le prime settimane di vita in spalla ai genitori, scrutando il mondo dalla loro schiena.

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  • Daniela Germani

    Daniela Germani è geologa specializzata in paleontologia e illustratrice appassionata di tematiche naturalistiche e ambientali.
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  • Francesca Buoninconti

    Francesca Buoninconti è naturalista e giornalista scientifica. È nella redazione di Radio3 Scienza, il quotidiano scientifico di Radio3 Rai, e racconta la zoologia ai ragazzi su Rai Gulp per La Banda dei FuoriClasse. Scrive di scienza, natura e clima per varie testate, tra cui “Il Bo Live” e “Il Tascabile”. È autrice di “Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori” (2019) e “Senti chi parla. Cosa si dicono gli animali” (2021), entrambi pubblicati da Codice Edizioni.
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