I due fotografi lavorano a Iterartis, un progetto che ha l’obiettivo di individuare itinerari da percorrere a piedi, per collegare alcuni dei più importanti luoghi dell’arte altoatesini.
«Il lavoro sul campo è durato circa un mese e mezzo di cammino effettivo. L’intero mese di agosto 2016 lo abbiamo trascorso camminando mentre nei giorni precedenti e in quelli successivi ci siamo dedicati a completare le tappe mancanti. Dal punto di vista personale è stata un’esperienza estremamente emozionante, perché erano luoghi della mia infanzia e la memoria visiva, seppur molto diluita, era rimasta», racconta Ilaria, che ha ereditato una parte importante della sua passione dalla madre, Gioia Conta, docente di Geografia storica del mondo antico all’Università di Pisa, scomparsa nel 2001. L’idea di Iterartis è nata proprio tra le pagine di una serie di volumi dedicati ai luoghi dell’arte dell’Alto Adige che Gioia Conta aveva realizzato negli anni ‘80 e ‘90.

Il medioevo è stato per l’Alto Adige un periodo movimentato; questa terra di confine ha risentito di numerosi influssi, testimoniati da una produzione artistica varia, che oggi resiste in una notevole quantità di piccole pievi affrescate e di castelli.
«Nonostante sapessimo bene quali luoghi avremmo visitato, la cosa che più ci ha colpito è stata la bellezza di queste chiese trecentesche», prosegue Ilaria
«una su tutte è San Procolo, a Naturno, che è diventata il simbolo dell’arte altoatesina con il suo ciclo di affreschi medievali, commoventi per la loro semplicità. Ci sono poi castelli incredibili, come Castel Tirolo o Castel Coira, nella zona del lago di Resia, sull’antica via Claudia Augusta, che partiva da Merano per arrivare in terre germaniche, fino al Danubio».




La reinterpretazione del turismo, l’individuazione di luoghi e modalità nuove per vivere l’esperienza turistica, sono aspetti fondamentali del futuro di questo settore in crescita costante da decenni e che, soprattutto recentemente, sta iniziando a scontrarsi con vari problemi di sostenibilità ambientale e non solo.
Nel 1975 i viaggiatori internazionali erano 165 milioni, nel 2018 si è arrivati a quasi 1,4 miliardi, una crescita esponenziale che porta con sé inevitabili conseguenze. Secondo uno studio pubblicato su Nature, il settore turistico è responsabile dell’emissione dell’8% dei gas serra di origine antropica. In particolare, le principali attività alla base delle emissioni sono legate a cibo, shopping e trasporti. L’impatto del turismo va oltre alla carbon footprint e si ripercuote sia sulla biodiversità che su aspetti sociali e culturali molto più difficilmente quantificabili. Non solo, la presenza di orde di turisti, molto spesso concentrate in pochi siti di grande interesse e in precisi periodi dell’anno, talvolta può generare una pressione locale insostenibili in termini di consumo di risorse come energia, acqua e cibo.
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Un esempio che va nella stessa direzione arriva dalla Nuova Zelanda, che ha annunciato un piano per trasformare alcune delle mete turistiche più frequentate, per “alleggerire la pressione ambientale e sociale che le folle di turisti internazionali hanno imposto alle piccole città”. Il governo centrale destinerà dei fondi per favorire la conversione di alcune imprese, aiutando così le comunità locali a superare la dipendenza dal turismo internazionale.
L’emergenza mondiale legata al COVID-19 ha costretto milioni di persone a rivedere il proprio modo di fare turismo, accelerando un processo che di fatto era già in atto. Improvvisamente, l’isolamento è diventato un fattore di cui non si può fare a meno e così, i luoghi remoti e poco battuti sono ora mete privilegiate che da molti non venivano considerate nell’era pre-COVID.


In Italia esistono numerosi cammini, i più popolari sono poco più di una decina, ma il numero è in costante aumento. Come spesso accade, molti di questi hanno una matrice religiosa, e ripercorrono i tracciati di santi e figure mistiche. I più famosi sono il Cammino di San Francesco o Via Francigena. Altri invece si basano su quanto rimane di vie storiche di collegamento, come la spettacolare Via Vandelli, considerata una autostrada del Settecento che attraversa i monti tra Emilia e Toscana.

Sebbene nel 2020 si sia registrato un inevitabile calo di oltre il 30% dei camminatori, la tendenza resta comunque chiara: c’è sempre più interesse attorno a questo modo di vivere il turismo.
Con una visione lungimirante è però necessario pensare a come evolverà lo scenario nei prossimi anni, perché se è vero che al momento i cammini rappresentano una valvola di sfogo importante per alleggerire la pressione turistica, è anche vero che in futuro potrebbero generare problemi analoghi. Lungo il Cammino di Santiago, che nel 2019 ha toccato quota 347.000 pellegrini, si sta da tempo intervenendo con attività di sensibilizzazione, rese più complesse dal fatto che una simile moltitudine di pellegrini è estremamente eterogenea anche nei comportamenti e quindi più difficile da “educare”.




L’intento di Around the Walk, il progetto contenitore all’interno del quale Ilaria e Pietro hanno sviluppato Iterartis e molti altri lavori, è proprio quello di aprire nuovi percorsi e creare itinerari diversi rispetto alla sentieristica tradizionale.
«Solitamente svolgiamo una mappatura preliminare in cui valutiamo i passaggi migliori da percorrere, strade bianche o sentieri non battuti. C’è uno spirito di avventura di fondo per cui sbagliare strada e tornare indietro va messo in conto», spiega Ilaria. «Le mappature che portiamo a termine non prevedono proposte di alloggi. Questo rende il viaggio molto più leggero, senza vincoli di orario. Arrivare a piedi e raccontare il proprio viaggio ti permette spesso di avere un accesso speciale e privato a certi luoghi».


Un archivio aperto in cui chiunque può caricare nuovi percorsi o fruire quelli già presenti. Sulla stessa linea, ma con modalità diverse, a giugno 2020 il CAI ha lanciato l’iniziativa Scopriamo nuovi sentieri, una mappatura di nuovi itinerari, sentieri e percorsi meno noti che possono essere segnalati online dai camminatori.

