Cosa sono i PFAS e quali rischi comportano

Le informazioni fondamentali da sapere sui PFAS, gli “inquinanti eterni” ritrovati nelle acque e nell’ambiente di tutta Europa

6 minuti | 15 Marzo 2023

I PFAS sono sostanze per- e polifluoroalchiliche che si utilizzano per realizzare prodotti antiaderenti, antimacchia o impermeabili. Hanno una grande varietà di applicazioni; sono usati per la produzione di materiali come il Teflon o il Gore-tex e si possono trovare nella carta per alimenti, nelle padelle antiaderenti, nell’abbigliamento tecnico e nei tessuti impermeabili. Ma sono usati anche in imballaggi, prodotti elettronici e schiume antincendio.

Quella dei PFAS è una famiglia che comprende un numero ancora imprecisato di sostanze chimiche diverse. «Agli albori della ricerca si conoscevano pochissimi PFAS. Nel tempo questo insieme è cresciuto numericamente», spiega Zhanyun Wang, ricercatore capo al Politecnico federale di Zurigo e una delle figure centrali che hanno portato alla definizione di PFAS proposta dell’OCSE. «Nel 2015 l’Agenzia svedese per i composti chimici ne aveva elencati circa 3.000. Pochi anni più tardi l’OCSE ne numerava poco più di 4.700. L’Environmental Protection Agency (EPA), negli Stati Uniti, considera PFAS oltre 14.000 sostanze diverse. Altre definizioni fanno sì che i PFAS siano decine di migliaia di composti. Secondo le banche dati di PubChem i PFAS potrebbero essere più di 6 milioni».

 

Cosa sono i PFAS

In genere si tende a dividere i PFAS in due grandi categorie: a catena lunga (come PFOS e PFOA) e a catena corta (come GenX o cC6O4). Questi ultimi sono stati sviluppati come sostituti dei primi, grazie al fatto che – a detta delle aziende – il loro profilo tossicologico sarebbe migliore. La differenza risiede nella lunghezza della catena carboniosa della molecola.

Di solito, i composti con catene carboniose fino a cinque atomi sono considerati a catena corta, mentre i composti con più di sei atomi di carbonio sono a catena lunga. Tuttavia, i criteri per stabilire questa differenza variano a seconda del tipo di classe di sostanze. Gli acidi perfluoroalchilici carbossilici (PFCA) con otto o più atomi di carbonio sono definiti a catena lunga, mentre per gli acidi perfluorosolfonici (PFSA) basterebbe avere sei o più atomi di carbonio per rientrare in quella categoria. Per molti altri PFAS non c’è ancora un vero criterio di separazione. Si tratta di diversità con pesanti risvolti sulla regolamentazione.

Perché i PFAS sono detti “forever chemicals”

Alcune delle caratteristiche che li rendono così apprezzati nei prodotti di consumo sono anche motivi per cui – negli ultimi decenni – sono diventati chiari i rischi che possono comportare per la salute. I PFAS infatti sono molto robusti e non si degradano facilmente: ciò significa che, se si disperdono nell’ambiente, vi possono rimanere per decine di migliaia di anni senza decomporsi. Inoltre, in quanto idro e oleorepellenti, sono molto mobili: una volta che si sono staccati dai prodotti d’origine, posso migrare nell’acqua, nella pioggia, nel suolo, nell’aria e anche nei tessuti animali. 

A queste caratteristiche si aggiunge il fatto che i PFAS sono soggetti al bioaccumulo: gli organismi viventi infatti li assorbono più velocemente di quanto li possano espellere, e dunque questi composti, nel tempo, si accumulano nei loro tessuti. L’accumulo è più forte quanto si risale nelle catene alimentari, perché i predatori possono assorbire i PFAS che si trovavano nei tessuti delle loro prede. Per tutti questi motivi, i PFAS sono anche chiamati “forever chemicals”, o inquinanti eterni.

Consulta la mappa europea della contaminazione da PFAS

Gli effetti dei PFAS sulla salute umana

Si sa ancora poco degli effetti della maggior parte dei composti della famiglia dei PFAS sulla salute, perché le sostanze che sono state sottoposte a test approfonditi sono ancora poche. Inoltre, la ricerca pubblica su queste sostanze fatica a stare al passo delle aziende che le producono. Finora, sono due i composti di largo uso della famiglia dei PFAS a essere considerati pericolosi: il PFOS (perfluoroottano solfonato) e il PFOA (acido perfluoroottanoico). 

Nell’essere umano, i PFAS agiscono come interferenti endocrini, grazie alla loro spiccata propensione a legarsi all’albumina, una fondamentale proteina del plasma sanguigno. «L’albumina è una proteina di trasporto. Quando il corpo produce ormoni, questi devono viaggiare, per esempio, dall’ipofisi al fegato, al pancreas o alle ghiandole surrenali», spiega Jamie DeWitt, professoressa di farmacologia e tossicologia alla Brody School of Medicine della East Carolina University, negli Stati Uniti. «Gli ormoni si legano all’albumina per essere trasportati fino al punto in cui devono arrivare. Quando una sostanza come il PFOA si lega all’albumina, occupa il posto che sarebbe stato riservato a un ormone. Questo è uno dei motivi per cui i PFAS sono identificati come composti chimici che alterano il sistema endocrino. I PFAS confondono e alterano il sistema con tutte le conseguenze che sospettiamo esserci». 

L’esposizione a PFAS può comportare alcune gravi conseguenze per la salute, come cancro e infertilità. È stato stimato che queste sostanze gravino ogni anno sui sistemi sanitari europei per un importo compreso tra 52 e 84 miliardi di euro. 

Come si viene esposti ai PFAS

A comportare rischi è l’esposizione prolungata a concentrazioni alte di PFAS, per esempio da forniture di acqua potabile contaminate. 

Le forme di esposizione possono essere molte altre, tra cui il consumo di alimenti che derivano da animali che si sono nutriti su terreni contaminati, o l’esposizione diretta attraverso polvere di prodotti di consumo, spray e cosmetici. 

Le fonti potenziali di inquinamento sono molte. Oltre agli impianti industriali che producono PFAS (una ventina di siti in Europa), ci sono settori in cui prodotti contenenti questi composti potrebbero potenzialmente essere stati usati, tra cui discariche, impianti di trattamento di acque reflue, oppure aeroporti, caserme dei vigili del fuoco e basi militari in cui siano in uso schiume antincendio ricche di PFOS.

Quali sono le norme attuali sui PFAS

Al momento, la produzione di PFOS e PFOA è stata vietata e il loro uso limitato in Europa. All’inizio di febbraio 2023, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha pubblicato una proposta di divieto per l’intera categoria di sostanze, ma attualmente, le emissioni di questi composti non sono ancora regolamentate nell’UE.

Tutti gli esperti di PFAS intervistati da The Forever Pollution Project sono convinti che le soglie fissate dall’UE per l’attuazione nel 2026 siano troppo alte per proteggere la salute umana. Il problema è che è estremamente difficile e costoso sbarazzarsi dei PFAS una volta che si sono diffusi nell’ambiente. Il costo della bonifica raggiungerà probabilmente le decine di miliardi di euro. In molti luoghi, le autorità si sono già arrese e hanno deciso di tenere le sostanze chimiche tossiche nel terreno, perché è impensabile bonificare.

LEGGI ANCHE: PFAS, il caso del polo chimico di Spinetta Marengo

Questa inchiesta è parte di The Forever Pollution Project, un’indagine crossborder a cui hanno partecipato 18 redazioni da tutta Europa.
Un gruppo che oltre a RADAR Magazine include Le Monde (Francia), Süddeutsche Zeitung, NDR e WDR (Germania), The Investigative Desk e NRC (Paesi Bassi) e Le Scienze (Italia), e a cui si sono aggiunti Datadista (Spagna), Knack (Belgio), Deník Referendum (Repubblica Ceca), Politiken (Danimarca), Yle (Finlandia), Reporters United (Grecia), Latvijas Radio (Lettonia), SRF Schweizer Radio und Fernsehen (Svizzera), Watershed e The Guardian (Regno Unito).

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  • Anna Violato

    Anna Violato è editor e science writer, tra i fondatori di RADAR. Scrive per testate tra cui Nature Italy e Le Scienze, collabora con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con diverse case editrici italiane.
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  • Gianluca Liva

    Gianluca Liva è storico e giornalista scientifico. Si occupa di attualità, ambiente e storia della scienza.
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